Mantova, indice di boscosità sotto 1%: valore più basso tra le province di pianura

MANTOVA – La provincia di Mantova resta una delle meno boscate della Lombardia: l’indice di boscosità non raggiunge l’1%, il valore più basso tra le province di pianura. Proprio per questo, già dalla metà degli anni Duemila la Provincia ha avviato una strategia di lungo periodo per incrementare il patrimonio forestale, concentrando gli interventi nelle aree più idonee dal punto di vista ambientale: le golene del Po e dei suoi affluenti.

Il punto sul lavoro svolto negli ultimi vent’anni è stato tracciato nel convegno “Sistemi verdi multifunzionali in Lombardia: attuazione e risultati nel territorio mantovano”, che si è svolto oggi a Mantova. Qui sono stati illustrati i risultati delle attività concluse, che hanno interessato circa mille ettari tra riforestazioni, fasce ripariali e aree umide. Il progetto “Sistemi Verdi in Lombardia” ha infatti sostenuto la creazione di nuovi boschi di pianura e il potenziamento di quelli esistenti lungo l’asta del Po. In molti tratti sono state ricostruite fasce ripariali profonde dai 30 ai 50 metri e sono stati messi in connessione i nuclei boscati già presenti, con particolare attenzione ai siti della rete Natura 2000 e alle aree protette. Il Consorzio Forestale Padano è stato il principale operatore nella realizzazione degli interventi.

Le aree interessate, concesse alla Provincia da Regione Lombardia in applicazione della legge 37/1994 (legge Cutrera), si estendono nei territori di numerosi comuni rivieraschi, tra cui Dosolo, San Benedetto Po, Sustinente, Quingentole, Revere, Ostiglia, Sermide e Felonica. Circa metà delle superfici è composta da lanche, saliceti e zone d’acqua; l’altra metà è stata riforestata con nuovi impianti. Le golene del Po rappresentano un paesaggio unico, particolarmente riconoscibile nel Mantovano, dove gli argini proteggono i terreni agricoli e i pioppeti disegnano l’identità del territorio. La sfida, spiegano dalla Provincia, è conciliare sviluppo, attività economiche e tutela dell’ecosistema, garantendo al contempo benefici ambientali e sociali.

Gli interventi realizzati prevedono la messa a dimora di 1.000-1.300 piante per ettaro e cure colturali per almeno cinque-sette anni. Le specie utilizzate sono tutte autoctone: pioppo bianco e nero, salice, farnia, olmo, acero e frassino, oltre ad arbusti utili per gli equilibri ecologici e per la fauna. Molto è stato fatto, ma – come ha ricordato il convegno – resta ancora da lavorare per assicurare una gestione che vada oltre la sola conservazione,  guardando alle esigenze delle future generazioni, in linea con il principio di tutela dell’ambiente sancito dalla Costituzione.