MANTOVA – Dove un tempo c’erano spazi abbandonati e degrado, oggi ci sono parchi, piazze e luoghi vissuti. Mantova ha cambiato volto, riscoprendo la bellezza come forma di di comunità. E’ il concetto espresso dal sindaco Mattia Palazzi che fa un bilancio di quanto fatto in dieci anni di mandato e riflette su alcuni nodi ancora aperti.
Nei prossimi mesi Mantova vedrà l’inaugurazione di molte opere: scuole, musei, riqualificazioni di strade e spazi pubblici. Se dovesse descrivere come è cambiata la città in questi anni, quali aggettivi userebbe?
Abbiamo cambiato lo spazio pubblico innanzitutto rigenerandolo. Abbiamo demolito tutti i lasciti degli anni Settanta, Ottanta e Novanta che deturpavano molte aree e quartieri della città: basti pensare a cosa abbiamo trovato in piazzale Mondadori, che era diventato una vera e propria latrina a cielo aperto. Questo lavoro ha cambiato anche le abitudini di molti mantovani: basta vedere quanto è frequentato oggi il Parco Te. Quello spazio è diventato non solo più bello, ma anche pieno di vita. Credo che il senso profondo della rigenerazione urbana sia proprio questo: portare vita dove prima c’era degrado, aumentando le possibilità per i cittadini di vivere e usufruire della città. Realizzare questi interventi significa anche garantire maggiore sicurezza: è noto infatti che il degrado attira altro degrado, e quindi anche comportamenti non rispettosi delle regole.
Il tema della sicurezza è oggi uno dei più sentiti dai cittadini. A Mantova, dove fino a pochi anni fa ci si sentiva tranquilli, la percezione di insicurezza sembra essere cresciuta. Secondo lei cosa manca per far sì che i cittadini tornino a sentirsi più sereni nel vivere la città? È un problema solo di risorse, di mancanza di agenti? Esce spesso la questione della mancanza della certezza della pena, o c’è dell’altro?
La questione è complessa. Dopo il Covid abbiamo assistito in tutta Italia – anche in città storicamente tranquille – a un aumento dei fenomeni di microcriminalità. Ne parlo con colleghi sindaci di ogni parte politica e tutti riscontrano la stessa tendenza.
Se guardiamo i dati del Ministero dell’Interno, Mantova risulta una città sicura. Tuttavia, ho sempre detto che, anche quando non ci sono denunce specifiche, la percezione di insicurezza può essere reale. Quando si va in certi luoghi e si trovano gruppi di persone dedite allo spaccio o ubriache e moleste, è evidente che questo crea ansia e paura. E la percezione, in questi casi, è qualcosa di molto concreto: se una ragazza o un anziano hanno timore a passare in un posto, finiscono per cambiare abitudini. E questo è un fatto reale che non si può sottovalutare.
“IN QUESTO PAESE I RIMPATRI SONO TROPPO POCHI”
Quello che ho rimarcato, anche formalmente al ministro Piantedosi con una lettera a cui non ho ancora ricevuto risposta, è che servono più agenti della Polizia di Stato per i controlli operativi esterni, soprattutto nelle ore serali e notturne. Sono oggettivamente pochi, e servono rinforzi. Noi come Comune abbiamo già messo in campo molti agenti della Polizia Locale, ma è noto che la Polizia Locale può arrivare solo fino a un certo punto. Ciononostante, il loro impegno è stato enorme, e il lavoro che fanno sul territorio è prezioso. Dall’altra parte, serve continuare a presidiare alcune zone come stiamo facendo, ma c’è anche un problema che non può essere risolto né dai sindaci né dalle forze dell’ordine: riguarda l’impossibilità di rimpatriare chi ha perso il diritto a restare in Italia. In questo Paese i rimpatri sono oggettivamente troppo pochi, al di là di ciò che viene detto dalla propaganda di Governo. È difficile attuarli e, di fatto, non avvengono.
È comprensibile il fastidio dei cittadini quando vedono che chi viene identificato come responsabile di un reato — ad esempio per spaccio — dopo due o tre giorni è ancora nello stesso posto. È una questione che richiede una revisione normativa sulla microcriminalità, ma anche tempi più rapidi per le decisioni sui permessi di soggiorno: non si possono tenere persone per mesi o anni in attesa, perché nel frattempo restano a bighellonare in strada.
“I CONTINUI TAGLI DI FONDI AI COMUNI RENDONO DIFFICILISSIMO FARE PROGETTI PER PREVENIRE SITUAZIONI DI DISAGIO TRA GLI ADOLESCENTI”
Infine, c’è un problema sociale serio. I fondi destinati ai Comuni per l’integrazione sono stati ridotti da anni. Bisogna distinguere tra fenomeni di emarginazione e fenomeni di delinquenza, ma è necessario investire molto di più sul piano educativo, culturale e sociale, in particolare per gli adolescenti. In questi anni è cresciuto un sentimento di rabbia sociale tra i giovani, e questo mi preoccupa molto. Purtroppo, i continui tagli alla spesa corrente rendono sempre più difficile per i Comuni promuovere progetti per sostenere gli adolescenti e prevenire situazioni di disagio.