Maxi blitz contro la ‘ndrangheta: arrestato anche un imprenditore edile mantovano

MANTOVA – C’è anche un imprenditore edile mantovano tra i nomi a cui sono state destinate le ordinanze di misura cautelare nei confronti di 13 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata dalla modalità mafiosa e associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e in materia di lavoro. Si tratta del 56enne Renato Galante.
È ciò che emerge dalle due inchieste incrociate – le operazioni “Blu Notte” e “Ritorno” –  condotte dalla direzione distrettuale antimafia di Brescia e di Reggio Calabaria, dai raggruppamenti operativi speciali dei carabinieri e dalla guardia di finanza. Le operazioni sono scattate stamani all’alba e hanno portato a due blitz distinti, ma strettamente correlati.

L’inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Brescia è partita da un’articolata attività investigativa condotta dai carabinieri del Ros nel 2018 che ha confermato l’esistenza di un’articolazione della cosca Bellocco di Rosarno (RC) nel nord Italia, in particolare nelle province di Brescia e Bergamo.

76 complessivamente le persone colpite in tutta Italia da misure cautelari, dal carcere ai domiciliari. Le cosche colpite sono i Bellocco di Rosarno, gli Spada di Ostia (due destinatari di misura), i Lamari-Larosa-Pesce della piana di Gioia Tauro. Per la parte di Brescia, il Ros ha operato insieme alla Guardia di finanza per un sequestro preventivo di imprese, beni immobili, quote societarie per un valore di circa 5 milioni.

Al vertice dell’organizzazione di stampo ‘ndranghetista attiva nel bresciano e per lo più dedita alla commissione di reati fiscali, c’era Umberto Bellocco, nipote dell’omonimo e storico capo della cosca deceduto l’ottobre scorso. Nelle intercettazioni dei carabinieri viene registrato il “passaggio di mano” a Bellocco, alias “Chiacchera”, che ha dimostrato di avere la completa gestione del sodalizio mafioso anche dal carcere vista la condanna – in via definitiva – avvenuta  nel 2009 per associazione mafiosa.

Stando alle indagini, si tratterebbe di una complessa frode al fisco e di riciclaggio di denaro.

Sono stati pure individuati i terminali calabresi (stanziali a Rosarno) della struttura criminale lombarda i quali concorrevano nella gestione delle molteplici attività economiche di interesse del sodalizio realizzate prevalentemente tramite un imprenditore, operante tra Brescia e Bergamo nei settori edile e immobiliare. Questo, si ritiene che abbia fornito un fattivo contributo per la vita dell’associazione, anche mediante la commissione di
delitti tributari e di somministrazione fraudolenta di manodopera, attuati attraverso un articolato circuito di società cartiere deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti compiutamente ricostruito dalla Guardia di Finanza, i cui accertamenti hanno consentito, inoltre, l’aggressione patrimoniale dei profitti illeciti
degli ipotizzati reati fiscali.
L’indagine, nel documentare nuovamente l’esistenza di proiezioni della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla Calabria, consente di confermare l’esistenza di un fenomeno di colonizzazione dovuto al trasferimento di affiliati calabresi in altri territori precedentemente immuni da tali manifestazioni criminali, soprattutto in quei territori
caratterizzati da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale. Le suddette ramificazioni, presenti in Italia ma anche all’estero, seppur dotate di una certa autonomia operativa, sarebbero legate alla ‘ndrangheta dei territori calabresi di origine a cui risponderebbero del loro operato e da cui dipenderebbero sotto un profilo regolamentare ed organizzativo.

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