Nuovo appello del Papa per l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati. “In questa domenica, – ricorda il Papa prima della recita dell’Angelus a Matera – la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, sul tema “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”. Rinnoviamo l’impegno per edificare il futuro secondo il disegno di Dio: un futuro in cui ogni persona trovi il suo posto e sia rispettata; in cui i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta possano vivere in pace e con dignità. Perché il Regno di Dio si realizza con loro, senza esclusi. E anche grazie a questi fratelli e sorelle che le comunità possono crescere a livello sociale, economico, culturale e spirituale; e la condivisione di diverse tradizioni arricchisce il Popolo di Dio. Impegniamoci tutti a costruire un futuro più inclusivo e fraterno!”. “I migranti – aggiunge Bergoglio a braccio – vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati”.
“Il nostro futuro eterno dipende da questa vita presente: se scaviamo adesso un abisso con i fratelli, ci ‘scaviamo la fossa’ per il dopo; se alziamo adesso dei muri contro i fratelli, restiamo imprigionati nella solitudine e nella morte anche dopo“, mette in guardia celebrando la messa a Matera, a conclusione del Congresso eucaristico nazionale.
Bergoglio, commentando la parabola del Vangelo del giorno dedicata alla parabola del ricco epulone, osserva: “E’ doloroso vedere che questa parabola è ancora storia dei nostri giorni: le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri, l’abisso che ogni giorno scaviamo generando emarginazione, non possono lasciarci indifferenti”.
Il Papa invita a cogliere ” la sfida permanente che l’Eucaristia offre alla nostra vita: adorare Dio e non sé stessi. Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io. Ricordarci che solo il Signore è Dio e tutto il resto è dono del suo amore. Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto”.
“Ricordiamoci questo: – esorta il Pontefice- chi adora Dio non diventa schiavo di nessuno. Riscopriamo la preghiera di adorazione: essa ci libera e ci restituisce alla nostra dignità di figli. Non di schiavi. Oltre al primato di Dio, l’Eucaristia ci chiama all’amore dei fratelli. Questo Pane è per eccellenza il Sacramento dell’amore. E Cristo che si offre e si spezza per noi e ci chiede di fare altrettanto, perché la nostra vita sia frumento macinato e diventi pane che sfama i fratelli. Il ricco del Vangelo viene meno a questo compito; vive nell’opulenza e banchetta abbondantemente senza neanche accorgersi del grido silenzioso del povero Lazzaro, che giace stremato alla sua porta. Era stato il ricco a scavare un abisso tra lui e Lazzaro durante la vita terrena e adesso, nella vita eterna, quell’abisso rimane”.