Mozione di sfiducia verso l’assessore regionale al welfare Gallera: approda oggi in Consiglio

Gallera:

– MILANO –  Approda in Consiglio Regionale oggi pomeriggio la mozione urgente di sfiducia all’assessore al Welfare Giulio Gallera presentata dai Consiglieri del Movimento 5 Stelle e che dovrebbe essere sottoscritta da tutte le minoranze. Motivo della richiesta la gestione Covid che i Consiglieri pentastellati reputano assolutamente inadeguata, anche per quanto riguarda la seconda ondata, e con limiti e contraddizioni evidenti.
Una precedente mozione di sfiducia verso Gallera era già stata discussa in Consiglio lo scorso 4 maggio ma in quell’occasione la maggioranza aveva fatto quadrato e aveva respinto la richiesta avanzata dalle opposizioni.

Ecco il testo della mozione:

E’ acclarato che sia in atto una recrudescenza della pandemia da COVID-19, che, come già si era verificato a decorrere dallo scorso mese di febbraio, interessa la Lombardia più di ogni altra Regione italiana: alla data del 13 novembre 2020, i casi accertati di positività al virus, nella nostra Regione, ammontano a 304.591, con un incremento di ben 10.634 unità rispetto al giorno precedente; alla stessa data, i soggetti positivi sono pari a 151.269, dei quali 7.319 in regime di ricovero ospedaliero e 801 ricoverati in reparti di terapia intensiva;

a distanza di settimane dall ‘aggravamento del contagio — e nonostante le sollecitazioni e gli indirizzi che, anche unitariamente, il Consiglio regionale ha ripetutamente adottato — è evidente che ai vertici dell’Assessorato al Welfare difetti una chiara ed efficace strategia politica, adeguata a offrire quelle risposte che, sia avendo riguardo alla prevenzione della malattia, sia con riferimento alle disposizioni e misure per il tracciamento e la gestione dei pazienti affetti da coronavirus, avrebbe dovuto anticipatamente essere pianificata e definita, anche al fine di scongiurare la reiterazione di errori strategici, già verificatisi nel recente passato;

PREMESSO IN PARTICOLARE CHE:

le Regioni, attraverso le strutture sanitarie locali, sono responsabili delle attività di contact tracing, sorveglianza epidemiologica e sorveglianza attiva dei contatti: alla luce dell’aggravamento del contagio — che si registra ormai da settimane in Lombardia —, le disfunzioni tutt’oggi esistenti rispetto all’utilizzo del sistema di tracciamento rappresentano un rilevante impedimento all’azione di contenimento dell’epidemia, al quale, nonostante le ormai note difficoltà nelle quali sono incorse le A.T.S., I ‘Assessorato competente in materia sanitaria non ha saputo offrire adeguate soluzioni, di fatto precludendo, nella Regione maggiormente colpita dal virus, quantomeno di tentare di contenere le catene di trasmissione. Appare inaccettabile che, ad oggi, dopo mesi di emergenza, l’istituzione di governo della sanità lombarda non sia in grado di fare fronte al tracciamento dei casi, nonché a una adeguata informazione e comunicazione circa lo stato del contagio del singolo ed, infine, a garantire l’esecuzione di test a beneficio della generalità dei cittadini — sempre più costretti (laddove non apertamente invitati) a rivolgersi a strutture private;

fin dalla scorsa primavera, è emersa la stretta connessione tra tempestività ed efficacia della campagna antinfluenzale autunnale e contenimento dell’epidemia da Covid-19. Eppure, com’è stato rilevato anche da autorevoli organi di stampa (si confronti, tra gli altri, Avvenire, 14 novembre 2020), è oggi inevitabile la registrazione di «ritardi sulle consegne» dei vaccini e, quindi, «sulla somministrazione delle dosi». E, d’altra parte, allarmi inascoltati si erano levati fin dai primi giorni di novembre, sia tra gli operatori sanitari e sociosanitari, sia tra gli amministratori locali. In particolare, si consideri l’ ‘appello di settanta sindaci della Città metropolitana di Milano, che, attraverso una lettera indirizzata, tra gli altri, anche all’Assessorato al Welfare, invitavano a fare chiarezza rispetto alla campagna vaccinale antinfluenzale 2020-2021, chiedendo adeguati correttivi a fini di accesso a tale presidio sanitario. Nella missiva si legge che, diversamente da quanto previsto dalla circolare del Ministro della salute in materia di «Prevenzione e controllo dell ‘influenza: raccomandazioni per la stagione 2020-2021», in Lombardia non solo la campagna vaccinale non è puntualmente iniziata a inizio ottobre, ma risulta essere incredibilmente in ritardo. I sindaci denunciano, in specie, lacune organizzative tali da rendere impossibile una pianificazione adeguata delle attività e una gestione ordinata dei pazienti, nonché lo scarso coinvolgimento delle sedi proposte dai sindaci al fine di garantire una capillare copertura del territorio;

di recente, le organizzazioni sindacali sono tornate a lanciare l’allarme sulle R.S.A„ palesando un crescente stato di preoccupazione per l’incremento dei casi di contagio interni alle residenze sanitarie assistenziali in Lombardia e chiedendo — invano — all’organo politico regionale competente un’assunzione di responsabilità: sono ancora troppo pochi i tamponi effettuati nelle R.S.A., dalle quali è invece iniziata una vera e propria fuga di operatori e infermieri in direzione di altre strutture sanitarie, dove i rapporti di lavoro sono meno precari e le tutele più elevate. In definitiva, anche a causa di questioni da troppi anni rimaste irrisolte, a breve nelle residenze sanitarie assistenziali potrebbero mancare operatori e infermieri sufficienti ad una adeguata presa in carico delle persone anziane e, soprattutto, delle più fragili;

l’azione politico-istituzionale della Regione in materia sanitaria si è rivelata del tutto inadeguata anche sul fronte del potenziamento dei presidi anti COVID-19 sul territorio.

Secondo gli ultimi dati disponili, l’attivazione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale è ancora insufficiente ad avvicinare il rapporto, definito con disciplina statale, tra le stesse U.S.C.A. e la popolazione residente (art. 1, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, con legge 17 luglio 2020, n. 77): sulla base di tale rapporto, a Regione Lombardia è demandata I ‘ attivazione di circa duecento U. S.C.A., quando, secondo gli ultimi dati disponibili, a oggi ne risultano operative meno di un quarto del totale;

il potenziamento della sanità territoriale, ancora di più nell’attuale fase emergenziale, dovrebbe rappresentare, peraltro, la via maestra per non sovraccaricare le strutture ospedaliere, appoggiandosi e valorizzando, oltre che le U.S.C.A., i medici di medicina generale e puntando con convinzione sulla figura dell’infermiere di famiglia. Invece, in continuità con una fallimentare gestione ultraventennale, quanti attualmente sono responsabili del governo della sanità lombarda sistematicamente dimostrano di sfuggire da un indifferibile rafforzamento della medicina territoriale, anche in tal caso lasciando che — laddove a quest’ultima non si consente di arr+v,rare — una volta in più arrivino le strutture sanitarie private (test molecolari, vaccini);

CONSIDERATO CHE

gli indirizzi politici e amministrativi di governo della sanità lombarda, che hanno negativamente caratterizzato la gestione della prima ondata della pandemia, avrebbero con evidenza richiesto un cambio radicale di strategia che, oggettivamente, non si è registrato, nonostante le continue e trasversali sollecitazioni del Consiglio regionale, trasformandosi così in difficoltà, lacune e ritardi nella gestione di ogni aspetto della seconda ondata;

IMPEGNA IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

a rivedere radicalmente l’assetto, politico e tecnico, dell’Assessorato al Welfare e dei vertici della sua Direzione Generale, poichè è venuta meno la fiducia necessaria, a fronte dell’incapacità a rispondere, con prontezza ed efficacia, all’annunciato aggravamento autunnale dell’emergenza da COVID-19, nonché dell’inidoneità dello stesso assetto di vertice a predisporre, e a condividere con l’istituzione consiliare, una complessiva strategia — politica, gestionale e di riorganizzazione del S.S.R. —, che, avvalendosi delle A.T.S. e valorizzando il fondamentale apporto delle strutture sanitarie, avrebbe dovuto garantire appieno la tutela della salute della cittadinanza lombarda nell’attuale fase emergenziale.