Nel mantovano i contagiati sono 3,39 ogni mille abitanti. In un giorno +11%. In Lombardia muore il 10% dei malati contro il 2,6 del Veneto

MANTOVA – In provincia di Mantova ci sono 3,39 persone contagiate da coronavirus ogni mille abitanti. A dirlo sono i dati del Ministero della Salute che tra ieri e oggi evidenziano per la provincia virgiliana un incremento dell’11,84% dei contagiati, percentuale tra le più alte seconda in Lombardia solo al + 41,63 registrato da Varese.
La percentuale dei mantovani contagiati è appena al di sotto della media dei cittadini lombardi positivi che ad oggi risulta di 3,71 ogni mille abitanti. Solo due giorni fa Mantova era a quota 2,60 ogni mille abitanti.
Chi è messa peggio in Lombardia e in Italia è la vicina provincia di Cremona dove i contagiati sono 9,7 ogni mille residenti, più di Bergamo che detiene invece il numero più alto in valore assoluto ma che come media registra 7,2 cittadini positivi ogni mille abitanti, Brescia 5,77 e Milano, nonostante il boom di contagi degli ultimi giorni, è a 2,3. Lodi, la prima zona rossa, 8,7. Chi vede la situazione migliore è Sondrio: 0,2 contagiati ogni mille abitanti.
La Lombardia in ogni caso continua a rappresentare una situazione a sè che “non accenna a normalizzarsi”, con un numero di contagiati che rappresenta “il 43% del totale italiano e di morti che sono “quasi il 60%”. Anche il quotidiano La Stampa ha evidenziato che, “con 10 milioni di abitanti, la Lombardia conta più morti che Cina e Stati Uniti messi insieme”.
E proprio la mortalità della Lombardia è un altro dei grandi temi su cui la comunità scientifica si sta interrogando: il tasso di mortalità, per 100mila abitanti, registra il 9.6 in Lombardia e l’1.1 nel Veneto. Il tasso di letalità dice invece che in Lombardia muore circa il 10% dei malati, contro il 2,6% del Veneto.
Cos’è successo dunque in Lombardia? C’è chi ha parlato di mutazione del virus ma su questo gli scienziati hanno subito sottolineato che non vi sono dati scientifici a supporto.
C’è poi chi come il virologo Roberto Burioni ritiene che “l’ondata massiccia di infezioni ha portato a effettuare in Lombardia un maggior numero di tamponi sui pazienti più gravi. A conferma di questo è il dato relativo al ‘destino’ dei pazienti nelle due regioni: in Lombardia più del 60% (60,8%) dei pazienti con tampone positivo ha richiesto l’ospedalizzazione; in Veneto ‘solo’ poco più del 32% (32,2%)”.
I sindaci preoccupati iniziano a chiedere alla Regione di cambiare strategia puntando sulla “sorveglianza attiva territoriale”. Il problema potrebbe essere proprio questo: molti cittadini sono a casa con sintomi riconducibili al covid-19, ma non essendo stati tracciati con il tampone potrebbero contribuire a diffondere l’epidemia. Serve, insomma, avere una certezza di quanti sono realmente malati, in modo che rimangano in casa e non portino in giro il virus.
L’altro nodo finora molto taciuto è che la sanità lombarda, come certifica la Corte dei Conti, è privatizzata nella percentuale di un posto letto su tre, quindi non solo è più difficile il coordinamento ma sono anche meno fornite le strutture pubbliche. In tutto erano dotate all’inizio dell’emergenza di 522 letti di terapia intensiva per 10 milioni di abitanti, quando il Veneto ne contava 459 per 4,9 milioni di residenti.

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