Omicidio Mora, per la difesa non attendibili le parole del super testimone Patrick Dori

MANTOVA – È proseguito ieri con le arringhe difensive il processo per duplice omicidio volontario instaurato a carico dei presunti responsabili dell’assassinio di Gabriele Mora, il gioielliere di Suzzara freddato con sei colpi di pistola il 19 dicembre 1996 in seguito ad un tentativo di rapina finito tragicamente nel sangue, e del complice Rudy Casagrande, abbandonato agonizzante davanti all’ospedale di Thiene. Lo scorso 9 settembre la procura, al termine della requisitoria, aveva chiesto complessivamente cinque ergastoli di cui quattro aggravati dall’isolamento diurno per un periodo di tre anni. Il carcere a vita senza l’aggravante era stato proposto per il solo Danilo Dori, 55 anni, ritenuto dagli inquirenti la mente del sodalizio criminale ma quel giorno assente alla spedizione. Alla sbarra assieme a lui Adriano Dori, Giancarlo Dori, Stefano Dori e Gionata Floriani, tutti componenti della medesima famiglia di giostrai nomadi domiciliati tra le province di Firenze, Torino, Vicenza, Padova e Gorizia. Nella penultima seduta in Corte d’Assise prima del verdetto finale dunque, i legali dei cinque imputati hanno univocamente argomentato la loro tesi difensiva volta a smontare il castello accusatorio degli inquirenti soprattutto circa l’attendibilità delle dichiarazioni spontanee rese da Patrick Dori, il super pentito con le sue dichiarazioni aveva di fatto contribuito alla riapertura delle indagini. Il processo si concluderà il prossimo 21 ottobre.