Partite le vaccinazioni nelle Rsa: Mantova Salus e Aspef fanno da apripista

Un operatore sanitario del Gruppo Mantova Salus mentre si vaccina

MANTOVA – Sono partite le vaccinazioni anti-Covid nelle Rsa mantovane. A fare da apripista sono state le Case di Riposo del Gruppo Mantova Salus e quindi, Green Park (Mantova), Villa Azzurra (Borgoforte) Beata Paola (Volta Mantovana) e San Pietro (Castiglione delle Stiviere) e quelle di Aspef, ovvero Isabella D’Este e Luigi Bianchi in città. 
E’ il presidente del Gruppo Mantova Salus Guerrino Nicchio a spiegare che “oggi sono state effettuate circa 150 vaccinazioni nelle quattro strutture, sia ad operatori sanitari che ad alcuni ospiti. Nei prossimi giorni si continuerà ininterrottamente. L’obiettivo è di somministrare gli 800 vaccini necessari per tutti gli operatori e gli ospiti in una settimana circa”. 
Anche all’Aspef oggi sono state effettuate 30 vaccinazioni, e altrettante verranno fatte domani.

LE ALTRE RSA AL VIA L’11 GENNAIO. E PER ERRORE I VACCINI DI MANTOVA ALLOCATI A CREMONA E AL GARDA

La maggior parte delle altre Rsa partirà invece con le vaccinazioni l’11 gennaio. Domani Asst riconvocherà tutte le strutture per comunicare loro come comportarsi per dare il via alla campagna vaccinale che a Mantova è partita anche con un problema burocratico, poi rientrato: una serie di dosi destinate alle Rsa della provincia virgiliana sono state per sbaglio allocate a Cremona e ad alcune zone del Lago di Garda. Poi si è capito l’errore e si è provveduto all’esatta ridistribuzione.

VACCINO E OPERATORI SANITARI: NEL GRUPPO MANTOVA SALUS ADESIONE PRESSOCHE’ TOTALE MA IN ALTRE RSA UN TERZO DEL PERSONALE RIFIUTA. GLI SCENARI POSSIBILI

Ma ci sono degli operatori nelle Rsa che hanno rifiutato di fare il vaccino? “No non ne abbiamo – spiega Nicchio – tranne quattro persone che non possono farlo momentaneamente, in un paio di casi per una gravidanza e un allattamento, e negli altri per via di terapie collegate a patologie specifiche. Abbiamo mandato una lettera ancora alcune settimane fa con la quale abbiamo spiegato ai nostri operatori l’importanza di vaccinarsi, soprattutto per chi lavora in strutture sanitarie ed è in contatto con persone fragili come gli anziani. Ma poi abbiamo spiegato anche come funziona il vaccino e questo credo sia un passaggio importante per farne capire importanza e sicurezza.
Se nel Gruppo Mantova Salus l’adesione alla campagna vaccinale da parte degli operatori è pressoché totale, non è così in altre Rsa della provincia dove addirittura la percentuale di chi ha detto no oscilla tra il 25 e il 35% al punto che i gestori si dichiarano piuttosto preoccupati e confidano che presto arrivino indicazioni precise dalla politica. 
Intanto sono giuristi e magistrati a esprimersi. Secondo il giurista Pietro Ichino, l’articolo 2087 del codice civile obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda. Se il rifiuto della vaccinazione metterà a rischio la salute di altre persone, questo rifiuto “costituirà un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro”.
Secondo l’ex magistrato Raffaele Guariniello, “Attualmente non è possibile costringere un lavoratore a sottoporsi a vaccinazione, ma se non lo fa va può essere destinato ad altra mansione”. “Se l’infermiere della Rsa non si vaccina, non sarà più idoneo”. Il riferimento è all’art. 279 del Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro. Dal momento in cui il vaccino è a disposizione e il lavoratore lo rifiuta, la norma impone al datore di lavorol’allontanamento temporaneo del lavoratore in caso di inidoneità alla mansione su indicazione del medico competente”. Se la ricollocazione non è compatibile con l’assetto organizzativo “si rischia la rescissione del rapporto di lavoro”.
Stando ad altri pareri, la Costituzione all’articolo 32 prevede un bilanciamento fra il diritto alla salute individuale e la tutela della salute pubblica. L’obbligo vaccinale può essere imposto da una legge (o un decreto legge se c’è l’urgenza), qualora sia comprovata l’esigenza di far prevalere l’interesse pubblico per ridurre il contagio.