MANTOVA – Prima udienza questa mattina in Corte d’Assise in tribunale a Mantova del processo per l’omicidio del 51enne Stefano Giaron, ucciso con una coltellata all’addome e rinvenuto cadavere il 9 ottobre scorso in un appartamento di via Mozart, in Valletta Valsecchi. A rispondere del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione nonchè dal rapporto di coniugio e lesioni personali aggravate Elena Scani la moglie 53enne dell’uomo, reo confessa.
La difesa a inizio dell’udienza ha chiesto la possibilità del rito abbreviato che il presidente della Corte, il giudice Enzo Rosina, non ha concesso. Confermata intanto la premeditazione.
Si procederà dunque sentendo i numerosi testimoni, una quarantina, alcuni in comune tra accusa e difesa, i primi dei quali sono già stati ascoltati oggi. Ci vorranno quindi più udienze prima di arrivare alla sentenza. Dalle prime testimonianze del dopo omicidio, quando la Scaini trovò alloggio da una affittacamere di Zocca, in provincia di Modena, dove con un cocktail di farmaci avrebbe tentato il suicidio, emerge il ritratto di una donna non del tutto presente anche se comunque lucida.
Elena Scaini ricordiamo che già durante il primo interrogatorio aveva motivato l’omicidio con la paura, a fronte dei numerosi dissidi e scontri fisici avuti col coniuge, di poter venire ammazzata lei per prima da lui. Anche sulla base di tali dichiarazioni la pista battuta sin dall’inizio era proprio quella connotante un contesto di forte disagio socio-familiare nel quale la coppia viveva ormai da mesi a causa di gravi difficoltà economiche. Marito e moglie erano stati costretti ad abbandonare l’abitazione coniugale per trasferirsi a casa dell’anziana madre della vittima, la 79enne Lina Graziati, quest’ultima trovata dai soccorritori, al momento del rinvenimento del cadavere, ferita e sotto shock.
Se il movente del delitto era stato chiarito dalla stessa Scaini circa invece il ferimento della suocera la 53enne aveva sempre negato ogni tipo di responsabilità addebitando di contro l’episodio violento ad un’aggressione perpetrata giorni prima ai danni della pensionata ma per mano del figlio. Versione questa che non aveva convinto gli inquirenti secondo i quali era stata invece lei a colpirla.