Quarant’anni dalla tragedia di Stava: undici mantovani non fecero ritorno

Il 19 luglio 1985, alle ore 12.22, una valanga di fango e detriti si abbatté con violenza sulla Val di Stava, nel Trentino, cancellando in pochi minuti una località turistica piena di vita. Il crollo dei bacini di decantazione della miniera di Prestavèl provocò la morte di 268 persone, fra cui 11 vittime mantovane: Natalina Brutti, 76 anni; Maria Giulia, 78 anni; Renata Deodati, 64 anni; Rosa Froldi, 69 anni; Iole Manini, 62 anni; Nella Marocchi, 79 anni; Liliana Curcio, 61 anni; Lucia Morselli, 48 anni; Guido Orlandi, 70 anni; Desdemona Lombardini, 70 anni; e Pasqua Sampietri, 61 anni. A distanza di quarant’anni, la tragedia resta una ferita aperta per l’Italia intera, ma in particolare per le comunità che persero i propri cari in modo tanto assurdo quanto evitabile.

La commemorazione ufficiale si è svolta presso il cimitero di Tesero, riservata ai familiari delle vittime, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha deposto una corona di fiori al monumento dedicato alle vittime prima dell’esecuzione del “Silenzio”. Successivamente, accolto da un lungo applauso, il Capo dello Stato ha preso parte alla cerimonia civile nel Teatro di Tesero, dove sono intervenuti le autorità locali e i rappresentanti della Fondazione Stava 1985, impegnata da decenni nella salvaguardia della memoria e nella sensibilizzazione sul tema della sicurezza ambientale. Nel suo discorso, Mattarella ha ricordato come “sulla Valle di Stava cadde di colpo morte, devastazione, disperazione”. Ha sottolineato con forza che quella non fu una calamità naturale, ma una tragedia causata dalla mano dell’uomo, da una gestione irresponsabile delle strutture minerarie, dall’assenza di controlli, dall’indifferenza al pericolo. “La montagna – ha ammonito – non deve essere sfruttata senza ritegno. È un bene comune, non una risorsa da depredare per profitto.”

 Le 11 vittime mantovane erano persone in vacanza, travolte da una valanga di fango che distrusse 3 alberghi, 53 abitazioni, 6 capannoni, 8 ponti e gravemente danneggiò 9 edifici. La frazione di Stava fu quasi completamente spazzata via; anche Tesero fu duramente colpito. “Quella della Valle di Stava – ha concluso Mattarella – resta una delle più gravi tragedie industriali italiane. Ma vogliamo ricordarla anche come simbolo di rinascita, di resilienza, di una comunità che ha saputo ricostruire e trasformare il dolore in memoria viva.”