MANTOVA – “L’8 e il 9 giugno è opportuno andare a votare”. E’ l’appello della Diocesi di Mantova esplicitato in una lettera diffusa in questi giorni dal Tavolo diocesano per il Bene Comune, che invita i cittadini a non disertare le urne in occasione dei referendum su lavoro e cittadinanza. Il documento, nato da un confronto con rappresentanti di sindacati e associazioni del territorio, denuncia la scarsa informazione sul tema e sottolinea come l’astensione rischi di diventare un segnale preoccupante di disimpegno democratico. Relativamente ai cinque quesiti la Diocesi prende posizione solo sul quinto, quello prevede di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. E l’indicazione è quella di un “Si” al quesito referendario.
Ecco il testo della lettera:
L’8 e il 9 giugno gli italiani sono chiamati ad esprimere il loro parere su una serie di quesiti referendari riguardanti aspetti del mondo del lavoro (2 quesiti relativi ai licenziamenti, 1 quesito sui contratti a termine, 1 quesito su appalti e sicurezza) e la riduzione da 10 a 5 anni per l’ottenimento della cittadinanza italiana.
Questa informazione fatica a trovare spazi adeguati a livello nazionale, per cui, ancora oggi,
una parte considerevole di italiani di questa tornata referendaria non ha alcuna consapevolezza o, se ce l’ha, è decisamente scarsa. Tale livello di disinformazione non può che avere un unico risultato: veder disertare i seggi in massa.
La nostra Costituzione all’art. 48, tra gli altri punti, dice: «Il voto è personale ed eguale,
libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico». L’astensione quindi risulta pienamente legittima, ma crediamo che l’eventuale mancanza di partecipazione a questi referendum segnerebbe un ulteriore e grave segnale di allontanamento dei cittadini dalla vita politica attiva del nostro Paese.
Un sistema democratico ha senso solo se si regge sulla partecipazione di tutti i cittadini; la
delega in bianco alle forze politiche (di qualunque schieramento facciano parte) significherebbe abdicare al principio di sovranità popolare, cioè alla convivenza civile e al pluralismo di idee. Come membri del Tavolo diocesano per il Bene Comune abbiamo pertanto deciso di far discutere i quesiti referendari agli esponenti di Sindacati ed Associazioni, sia di categoria che del terzo settore, che si sono confrontati lo scorso 13 maggio al Centro Pastorale Diocesano.
Sulle singole posizioni circa i vari referendum prese da CGIL, CISL, API, ACLI – che si sono
rese disponibili all’incontro – ha già dato ampio riscontro la stampa locale. Vogliamo segnalare qui alcuni aspetti che hanno caratterizzato l’evento.
Il primo: ci si è confrontati nel reciproco rispetto delle posizioni di ciascuno, evitando lo
scontro nel quale ogni parte vuole avere l’esclusiva della ragione. Il secondo: chiamati in causa sono stati soprattutto i giovani che, per essere coinvolti attivamente, devono venire entusiasmati (oltreché ascoltati) da chi oggi gestisce la cosa pubblica; questo può essere realizzato solo attraverso la capillare azione di quelle forze associative (specie del volontariato, nelle sue varie declinazioni) nelle quali i giovani trovano il senso del loro impegno, molto più che nell’attività politica diretta.
Non tutte le realtà partecipanti si sono espresse a favore o contro i vari quesiti (unica è
stata la CGIL, che ha proposto i 4 quesiti sul lavoro), ma tutte hanno insistito sull’importanza della partecipazione al voto. Ed è proprio su questo che noi organizzatori puntavamo, convinti che, più ancora che la posizione pro o contro, sia importante la partecipazione come segnale in controtendenza rispetto ad una deriva dalla vita pubblica.
Scrive sul Corriere della Sera Carlo Verdelli: «La deriva è specchio di una sfiducia nella
possibilità che il proprio voto abbia un qualche effetto rispetto ai cambiamenti ritenuti
indispensabili. E allora sto a casa, come sbrigativamente mi consigliano. Ecco, l’8 e il 9 giugno rischia di succedere un’altra volta proprio questo: un invito ulteriore a lasciar fare a chi se ne intende, a non preoccuparsi di cose cha vanno gestite in altro modo e in altri luoghi. È una discesa a balzi verso una democrazia prosciugata della sua linfa vitale, cioè la partecipazione attiva, tornare a votare, disturbare il manovratore ogni volta che lo si ritenga necessario».
Crediamo sia importante un’inversione di tendenza, e proprio questi referendum ci
possono dare l’occasione di riprendere in mano, almeno per quanto ci è consegnato dalla
Costituzione, le redini della cosa pubblica. L’invito che quindi facciamo è di andare a votare.
Nello specifico dei quesiti ci sentiamo di sbilanciarci solo per l’ultimo, quello riguardante l’abbreviazione dei tempi per ottenere la cittadinanza: una riduzione che permetterebbe all’Italia di portare a compimento il desiderio di molte persone oneste, come la Costituzione ci chiede. Ci viene data un’occasione, vediamo di non sprecarla.