Riduzione dei processi e semplificazione: il dialogo tra Pignatone e Cottarelli per un’Italia più giusta

Cottarelli, Satta e Pignatone

MANTOVA – Si è parlato di giustizia, ma anche di economia, nel dialogo odierno al Festivaletteratura tra il magistrato ed ex Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone e l’economista Carlo Cottarelli. A moderare l’incontro il docente di Dottrina dello Stato Vincenzo Satta. Cottarelli ha dato alle stampe recentemente il suo ultimo volume “All’inferno e ritorno”, nel quale tratta di giustizia come eguaglianza delle opportunità: “Un senso diverso rispetto alla giustizia dei tribunali – ha detto l’economista cremonese -, una giustizia sociale. Come sempre sono partito dalle basi, su cosa cioè si debba fare. Tre i principi cardine: giustizia come uguaglianza e opportunità, premiare il merito, ma senza dimenticare, come terzo punto, il tema delle diseguaglianze. La solidarietà serve, perché è più facile trovare fortunati tra i primi della società che tra gli ultimi. Non sempre nella vita la fortuna si pareggia, ed è per questo che è giusto pensare ad una ridistribuzione. Detto questo, non si può nemmeno eccedere nell’altro senso, livellando tutto verso il basso: bisogna premiare i più bravi senza dimenticare chi non ce la fa. Nel nostro panorama politico da anni si discute su cosa fare evitando di spiegare il perché, i partiti di oggi sono incentrati sul leader e non su una visione più generale delle istanze che vogliono portare avanti, e questo si riflette anche, banalmente, sui nomi delle aggregazioni politiche. E’ il libro più politico di quelli che ho scritto, anche se politico non sono”.

“Fare giustizia” è invece il libro dell’ex procuratore Giuseppe Pignatone, un’opera incentrata sui problemi della macchina giudiziaria italiana. Il magistrato siciliano ha sottolineato: “Quelli della giustizia sono problemi che vanno avanti da decenni, tra questi quello del numero dei processi: sentiamo ripetere che i tempi sono tre o quattro volte quelli della media europea. E’ vero, ma non è tutta la verità. Occorre anche considerare che un pm italiano deve far fronte ad un lavoro, ovvero quello di ricevere e vagliare le denunce, otto volte più gravoso di quello di un collega tedesco o francese. Se ci sono più processi, i tempi si dilateranno. Nel penale ci sono 55mila sentenze l’anno, mentre la cassazione francese o tedesca è chiamata ad esprimersi su un decimo di di queste contese. Questo paese è caratterizzato da una litigiosità superiore. Pensate che la Cassazione italiana ha dovuto dirimere questioni come quelle riguardanti l’odore di fritto che saliva da un balcone al piano di sopra. E’ una follia che 20 magistrati debbano occuparsi di questioni simili. La parola d’ordine è “depenalizzare”, ridurre i processi. Se fossero meno, sarebbero anche condotti meglio e i magistrati si potrebbero dedicare alle cose veramente importanti. Questo non si fa per vari motivi: tanti processi giovano agli avvocati (che in Italia sono in numero dieci volte superiore rispetto alla Francia, ad esempio), che hanno più materia per cui lavorare, ma giova anche a tanti magistrati, perché tiene in vita tanti piccoli uffici che non avrebbero, in caso contrario, motivo di esistere. Giova anche alla politica, che così scarica sulla magistratura le soluzioni di mille problemi, da quelli piccolissimi a quelli più importanti, come quello dell’Ilva, che andava avanti da decenni e che è rimasto irrisolto fino a quando, sotto il peso delle denunce e dei morti, è intervenuto un giudice. Se la politica risolvesse i problemi sociali che invece affida alla magistratura, questi sarebbero risolti presto e meglio”.

Oltre alla depenalizzazione c’è anche il tema della semplificazione, con l’esempio del Ponte Morandi, riedificato dopo il crollo, grazie alle deroghe, in un anno. “Quell’esperienza però non è ripetibile – ha detto Cottarelli – i costi sono stati alti, tutto è andato avanti in maniera spedita perché c’erano gli occhi di una nazione intera a seguire la vicenda. Lì si è trovato un bravo commissario come il sindaco Bucci e c’è stata anche la volontà delle ditte che non hanno ottenuto l’appalto di non ricorrere al Tar, vista la particolare situazione. Detto questo, molto si può fare per semplificare le procedure, con regole più semplici. Per esempio, sono state identificate 100 opere da portare avanti con procedure in deroga: perché queste sono l’eccezione?”. Concorda sulla semplificazione Pignatone: “A volte le leggi sono scritte male per non essere chiari di proposito, o perché le maggioranze che le approvano a livello politico non sono coese. C’è una percentuale di colpa anche da parte della magistratura, sia chiaro, ma sarebbe meglio fare tutti uno sforzo per fare dei passi avanti”.

Ultimo argomento caldo la corruzione: come e quanto pesa sul circuito economico? “Oltre ad essere riprovevole, sappiamo tutti che la corruzione ha delle conseguenze economiche, visto che finisce per pesare di solito sulle finanze pubbliche: spesso si tratta di opere inutili, o che vedono lievitare i costi, oppure sono di pessima qualità. Difficile valutarne l’impatto sul PIL, come fanno temerariamente certe stime, ma sicuramente influiscono per una certa percentuale. Le indagini ci dicono che gli italiani solitamente hanno una percezione maggiore della corruzione, più di quanto forse essa non sia presente, ma questo non significa che non sia un grave problema”. “La maggiore percezione della corruzione – osserva Pignatone – è dovuta anche al fatto che in Italia si facciano i processi per corruzione, grazie ad una magistratura indipendente che rispetta l’obbligatorietà dell’azione penale. E sulla stampa di solito hanno maggiore visibilità”. Un ultima battuta sulle mafie: “Da sempre è stata un misto di violenza e corruzione, grazie alle relazioni con altri soggetti della società”.

 

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