REGGIO EMILIA – E’ iniziato ieri in Corte di assise il processo per cinque familiari di Saman Abbas, la 18enne pakistana che rifiutò un matrimonio combinato e fu uccisa a Novellara nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 il cui corpo è stato ritrovato in un casolare vicino a casa a metà novembre 2022 era stata cercata invano per un anno e mezzo. All’esterno del tribunale erano presenti striscioni e cartelli per chiedere giustizia.
I cinque imputali: lo zio Danish Hasnain, ritenuto l’esecutore materiale del delitto e i cugini Ikram Ijaz e Numanhulaq Numanhulaq, il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, sono accusati di concorso in omicidio. Lo zio e i due cugini presenti in aula, la madre latitante e il padre nelle mani delle autorità del Pakistan. Il processo è quindi iniziato alla presenza di solo tre dei cinque imputati. Danish Hasnain, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. La Corte di assise di Reggio Emilia ha temporaneamente separato la posizione di Shabbar Abbas nel processo sull’omicidio della figlia Saman. Per lui è stato disposto un rinvio al 17 febbraio per valutare la possibilità di un collegamento in videoconferenza con il Pakistan, dove è attualmente agli arresti e ancora in attesa dell’estradizione. Dopo probabilmente il procedimento sarà riunito nuovamente agli altri quattro familiari imputati.
Molte le organizzazioni fra no profit, enti locali, associazioni che rappresentano le comunità musulmane e in difesa delle donne, che hanno avanzato la richiesta di ammissione a parte civile: proprio per dare alle difese degli imputati modo di conoscerne meglio finalità e obiettivi sociali, l’udienza è stata inizialmente sospesa, per poi riprendere alle 15, con due ore di interventi fra avvocati dei familiari della giovane uccisa e quelli delle parti coinvolte che hanno spiegato le proprie ragioni. A chiedere di costituirsi è stato anche il fidanzato di Saman, Sabiq Ayub, assente in aula, ma rappresentato dal legale.