Sanità: in Lombardia mancano 1.500 medici di famiglia e pediatri. Aspettativa di vita al top: 83,9 anni

La sanità lombarda è al quarto posto nel ranking italiano (dietro a Emilia-Romagna, Veneto e Toscana) secondo 88 speciali indicatori presi in esame. A dirlo è il 7° rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario Regionale, uscito nelle ultime ore. Buone performance per aree prevenzione e distrettuale (entrambe in quarta posizione), va peggio l’assistenza ospedaliera (7° posto).

Permangono criticità per quanto riguarda medici di famiglia (o meglio, medici di medicina generale, come vengono ufficialmente chiamati oggi) e pediatri, pesantemente sotto organico nella nostra regione. Due medici di medicina generale su tre sforano il massimo stabilito di 1.500 assistiti a testa (la media nella nostra regione è di 1.528 assistiti per ogni MMG). Per riequilibrare la situazione servirebbero 1.237 nuovi camici bianchi. Analoga la situazione dei pediatri: 8 su 10 sforano gli 800 assistiti stabiliti, la media è di 979 assistiti per ogni pediatra. Per risolvere questa criticità ne servirebbero 244 in più. E la situazione potrebbe peggiorare nei prossimi anni, visto che anche l’età media degli attuali specialisti è molto alta.

Performance ottima invece per quanto riguarda l’aspettativa di vita alla nascita (terza in Italia, con 83,9 anni), ma diversi dati mostrano luci ed ombre.

Aumentano le famiglie che rinunciano alle cure. Si tratta del 7,2%, in aumento dello 0,4% rispetto alla precedente rilevazione, lievemente sotto la media italiana (7,6%). La nostra sanità rimane comunque particolarmente attrattiva per i pazienti del resto d’Italia: nel decennio 2012-2021 la nostra regione ha chiuso in positivo di 5,68 miliardi di euro. Anche se il Gimbe pone particolari preoccupazioni per l’autonomia differenziata: nel rapporto si legge che, se attualmente tra nord e sud c’è una frattura strutturale per quanto concerne i servizi sanitari regionali, con i cittadini del Mezzogiorno che spesso non hanno garantiti nemmeno i livelli essenziali di assistenza (LEA), la diseguaglianza non può che aumentare, costringendo una sempre superiore mobilità di pazienti tra regioni, dal sud al nord. Un fenomeno che, se si accentuerà, rischia di sovraccaricare le strutture sanitarie del Settentrione, peggiorando la qualità delle cure dei propri cittadini. Il Gimbe sottolinea che la stessa Lombardia, ha avuto una mobilità “attiva” pari a 732 milioni di euro nel 2021 (ultimo dato disponibile), ma anche una mobilità passiva pari a -461 milioni. Dunque anche molti lombardi scelgono di curarsi fuori regione.