Solo il 7% dei mantovani è in grado d’intervenire in caso di arresto cardiaco

MANTOVA – Sono quasi 23mila i defibrillatori presenti in Lombardia, 1.243 quelli registrati in provincia di Mantova di cui l’83% in strutture (scuole, aziende, società sportive ecc) – 12% pubblici – 5% itineranti. Nel comune capoluogo i Dae sono 214 di cui 183 fissi – 11 pubblici e 20 itineranti.

“La città più cardio-protetta in Italia è Piacenza – Pierpaolo Parogni, direttore dell’AAT 118 di Mantova – possiamo dire che in Lombardia Mantova è messa abbastanza bene, considerando il fatto che ogni anno i Dae aumentano non solo nei posti dove sono obbligati ad installarlo, ma anche tra chi non ha l’obbligo e questo vuol dire che sta aumentando anche la consapevolezza dell’importanza di avere un defibrillatore”.

22.762 DEFIBRILLATORI OBIETTIVO: “AUMENTARE ANCORA LA RETE” 
Ad oggi, in Lombardia sono presenti 22.762 defibrillatori, distribuiti in spazi pubblici, strutture sportive, scuole, enti locali e sedi aziendali registrati da AREU (Agenzia Regionale Emergenza Urgenza). La mappatura dei DAE consente agli operatori delle SOREU, Sale Operative Regionali dell’Emergenza Urgenza, di fornire un rapido supporto ai primi soccorritori, indicandone la posizione, facilitandone quindi l’individuazione e l’utilizzo immediato. Per questo motivo è fondamentale la registrazione di tutti i DAE sul portale http://paddles.areu.lombardia.it

“La Lombardia – ha sottolineato l’assessore al Welfare Guido Bertolaso – è già una delle regioni più cardioprotette d’Europa, ma il nostro obiettivo è fare ancora di più. Nei prossimi mesi daremo il via a un progetto regionale che renderà la nostra rete ancora più capillare ed efficiente”.

UTENTI CON FORMAZIONE DI RIANIMAZIONE CARDIO POLMONARE
27.494 utenti (7% popolazione mantovana)
è stato formato per mettere in atto le tecniche di rianimazione cardio polmonare attraverso corsi di Areu direttamente nelle scuole, nelle aziende e nelle associazione, ai quali si aggiungono quelli che hanno frequentato corsi aperti ai cittadini. A questi si devono aggiungere quasi un migliaio di studenti che nelle scuole hanno partecipato ad attività formative che non prevedevano una certificazione.

“Se guardiamo il dato nazionale della ricerca dell’Osservatorio Opinion Leader 4 Future  che evidenzia come solo il 14%  ha effettuato un corso certificato e saprebbe come intervenire per effettuare la rianimazione – spiega Parogni – a Mantova, dove solo il 7% è formato, possiamo sicuramente fare molto di più, non tanto come offerta formativa, che è molto vasta, ma come sensibilizzazione della popolazione nel frequentare i corsi“.
Il dato poi del 12% che non sa se si ricorderebbe quanto imparato fa riflettere “Sicuramente per una persona che fa un corso una tantum il rischio di dimenticarsi c’è – spiega Parogni – è per questo che un progetto specifico di Regione Lombardia punta sulla formazione nelle scuole, perchè i ragazzi sono più veloci ad apprendere, si ricordano meglio quello che imparano e soprattutto essendo giovani hanno un arco di tempo più lungo nel quale mettere in pratica le nozioni apprese”.

Nel dettaglio nel mantovano nel 2015: 57 persone, nel 2016: 267 persone, nel 2017: 1760 persone, nel 2018: 2189 persone, nel 2019: 2605 persone nel 2020: 673 persone (epoca covid) nel 2021: 3162 persone – nel 2022: 2693 persone -nel 2023: 4410 persone -nel 2024: 3280 persone -nel 2025 ad oggi: 2746 persone.

I DATI ITALIANI – L’ANALISI
Il 16 ottobre è stata celebrata la Giornata Internazionale della Rianimazione Cardiopolmonare (Word Restart a Heart Day), secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio Opinion Leader 4 Future, progetto sull’informazione consapevole nato nel 2023 dalla collaborazione tra Credem e Almed (Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) “solamente il 16% degli italiani, in caso di arresto cardiaco, interverrebbe con le corrette procedure di primo soccorso come il massaggio cardiaco e l’utilizzo del defibrillatore automatico esterno (Dae). Il 29% della popolazione – riporta la ricerca – si limiterebbe a chiamare i soccorsi, il 21% offrirebbe supporto, ma senza agire direttamente, il 32% agirebbe solo se guidato dalle indicazioni di un operatore al telefono e il 2% non interverrebbe in alcun modo. Tra i fattori di maggiore resistenza, ci sarebbero la paura di peggiorare la situazione (56%) e la scarsa conoscenza delle manovre di emergenza (42%)”.

“Sebbene il 63% degli italiani si dichiari abbastanza (57%) o molto (6%) informato sull’arresto cardiaco, solo il 24% saprebbe definirlo esattamente e appena l’11% distinguerebbe correttamente un arresto cardiaco da un infarto. La partecipazione a corsi di primo soccorso è ancora bassa: il 74% del campione non ne ha mai frequentato uno e il 12% non ricorderebbe le indicazioni ricevute nei corsi che ha seguito. Il restante 14% – prosegue l’analisi – ha svolto una formazione specifica sul tema e ne ricorda bene i contenuti. Il 20% del campione conosce i defibrillatori automatici esterni (Dae) e sa come funzionano, mentre circa il 70% li ha solo sentiti nominare, e il 5% non sa cosa sono. L’84% di chi non ha mai seguito un corso sarebbe interessato a partecipare a una formazione, anche breve, della durata di 4-5 ore”.