Tra tradizione e innovazione: il futuro dell’avvocatura passa dalle aggregazioni

MANTOVA – Un convegno interprofessionale, tra commercialisti, avvocati, notai e consulenti del lavoro è quello che si è tenuto nei giorni scorsi all’università di Mantova. La seconda edizione dell’iniziativa ha avuto come temi centrali gli aspetti salienti e le eventuali criticità delle “aggregazioni professionali”.
“Il tema è particolarmente caldo e attuale per l’avvocatura, che sta affrontando un processo evolutivo lento, ma necessario e inevitabile – spiega Mattia Amadei, presidente dell’Ordine degli avvocati di Mantova – dando qualche dati, secondo un’indagine Censis, nel 2025, il 64% degli avvocati esercita ancora la professione in uno studio monopersonale e solo il 9,8% in forma di Società tra avvocati”.
Da un lato l’apertura a un sistema di gestione moderna della professione, con il venir meno delle incompatibilità e la previsione di un socio di capitali “benevolo” e da tutelare; dall’altro l’adozione di correttivi che, seppure utili e apprezzabili, non portano ad una vera svolta.

A rappresentare l’avvocatura al convegno, è stata Valentina Masi, avvocata del Foro di Milano, General Counsel di Legance e Presidente della Commissione Giustizia Civile del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano che ha partecipato alla formulazione di alcune proposte di riforma
“La bozza intende disciplinare in modo puntuale la possibilità di esercizio in forma collettiva, riconoscendo tre principali modelli organizzativi: le associazioni professionali forensi, le reti professionali e le società tra avvocati – spiega Masi – l’associazione professionale forense si configura come una struttura che consente ad avvocati e ad altri professionisti iscritti ad albi di settore, di condividere risorse, competenze e strumenti di lavoro.
Le reti professionali, nuova fattispecie aggregativa, offrono uno strumento di integrazione tra studi legali, anche di dimensioni e specializzazioni differenti, favorendo sinergie e scambi di competenze, sia che siano esclusivamente tra avvocati, sia che siano multidisciplinari, queste ultime con la partecipazione di almeno due avvocati iscritti all’albo.
La società tra avvocati, è quella che, nella sostanza, non ha avuto rilevanti progetti di implementazione, avendo mantenuto i criteri e i vincoli imposti dalla normativa attualmente vigente”.

Se l’associazionismo ha la finalità di consentire un maggior apporto economico, per un più “vivace”, ma anche consapevole e proficuo esercizio della professione, la frustrazione del socio di capitali non è certo la linea che i promotori delle modifiche avrebbero dovuto tenere.
Si legge infatti che il socio di capitali non solo non possa ingerirsi nella gestione della società e nelle scelte imprenditoriali, ma non può nemmeno essere difeso, in caso di contenzioso con terze parti, dai professionisti della società cui partecipa.
In altre parole il socio di capitali di una STA, da un lato, finanzia ma non partecipa alla gestione della società, dall’altro, non può avvalersi dell’attività professionale dei propri soci, dovendo rivolgersi ad altri difensori per la tutela delle proprie ragioni.
Ciò è stato inteso come unico sistema per tutelare l’indipendenza del difensore, ma rischia di tradursi, nei fatti, in un gravoso ostacolo all’ingresso di finanza nelle società tra avvocati.
“Se non ci si riferisse solo a Istituti di Credito o Assicurazioni, ma si pensasse al socio di capitali come l’azienda di famiglia del giovane avvocato, o al miglior cliente dello studio che volesse garantirsi le prestazioni del professionista con un “doppio vincolo”, professionale e societario – conclude Masi – il divieto di tutela del socio non avvocato risulterebbe inspiegabile”.
Tale visione non è condivisa, ma anzi è osteggiata da gran parte dell’avvocatura, che ritiene che i principi deontologici, posti a tutela di integrità, indipendenza e professionalità, potrebbero essere scalfitti da un socio meramente economico.

ITER EVOLUTIVO DELLA PROFESSIONE FORENSE
La professione, così come esercitata da Calamandrei o Carnelutti, rimane un esempio indelebile da ricordare, ma non è più una concreta modalità di esercizio dell’avvocatura.
La necessità di dare soluzioni multidisciplinari, in tempi ridotti, a una clientela più esigente e più diffidente, con una maggior competitività endoprofessionale, e un continuo aumento di costi e pressione fiscale, non consentono più al singolo avvocato di essere competitivo.
Da tempo, in verità non molto, si sente parlare dell’avvocato come “imprenditore di sé stesso”, ma anche questo è superato.
Nel 2013 (DM 34), dopo anni di obbligata solitudine, è stata riconosciuta all’avvocato la facoltà di esercitare la propria attività anche in forma societaria tramite le STP (Società tra Professionisti).
Con la STP, l’avvocato, potendo adottare qualsiasi modello societario, con prevalenza della società di persone, sulla società di capitali e cooperativa, ha la facoltà di associarsi a qualsiasi altra categoria professionale, coinvolgendo anche non professionisti, e quindi finanziatori, purché vi sia la maggioranza qualificata dei 2/3 rappresentata da soci iscritti ad albi professionali.
Tale configurazione multidisciplinare consente una sinergia operativa tra diverse professionalità, aumentando la competitività e la capacità di rispondere alle esigenze complesse della clientela.
Le STP, iscritte sia negli Albi o Collegi professionali dei singoli soci, sia in Camera di Commercio, hanno ampie possibilità di autodeterminazione della governance, che consente anche una gestione da parte di manager esterni per supportarne lo sviluppo organizzativo.
Nel 2017 (L. 124), è stato riconosciuto un nuovo sistema aggregativo, la STA: società tra avvocati, parimenti gestita in forma di società di persone, e cooperative, ma più spesso di capitali (s.r.l. o s.p.a.).
Pur ammettendo anch’essa il socio “economico” non professionista, prevede una governance a maggioranza, sempre di 2/3 ampliabili statutariamente, di soli soci avvocati, con l’eventuale socio di capitali minoritario avente la sola facoltà di manifestare dissenso per alcune scelte strategiche.
Oggi si sta discutendo della bozza di riforma della Legge Professionale, che prevede altre forme associative, e altre modalità di aggregazione.