Università di Oxford: “Il rischio di trombosi è più alta con il Covid che con il vaccino”

AstraZeneca interviene sulle polemiche seguite alla notizia data lo scorso sabato dalle Regioni di un taglio del 15% delle forniture del vaccino contro il Covid.

Il rischio di trombosi venosa cerebrale, la rara coagulazione del sangue a seguito di infezione da Covid-19 è circa 100 volte maggiore del normale, molte volte superiore a quella post-vaccinazione o in seguito all’influenza.

E’ quanto emerge da uno studio dell’Università di Oxford e del NIHR Oxford Health Biomedical Research Center, dove è stato contato il numero di casi di trombosi venosa celebrale diagnosticati nelle due settimane successive alla diagnosi di coronavirus, o dopo la prima dose di un vaccino. Numero poi messo a confronto con le incidenze calcolate di trombosi venosa celebrale a seguito dell’influenza e con il livello di fondo nella popolazione generale.

Dall’indagine emerge che la trombosi venosa celebrale è più comune dopo il Covid rispetto a qualsiasi gruppo di confronto, con il 30% di questi casi che si verifica nei minori di 30 anni. Rispetto agli attuali vaccini Covid, questo rischio è compreso tra 8-10 volte superiore e, rispetto al basale, circa 100 volte superiore.

Dal confronto dei casi segnalati di trombosi venosa cerebrale nei pazienti Covid rispetto ai casi in coloro che hanno ricevuto un vaccino Covid risulta che su oltre 500.000 pazienti Covid, la trombosi venosa celebrale si è verificata in 39 su un milione di pazienti.

In oltre 480.000 persone che hanno ricevuto un vaccino mRNA COVID-19 (Pfizer o Moderna), la trombosi venosa celebrale si è verificata in 4 su un milione.

È stato segnalato, poi, che la trombosi venosa cerebrale si verifica in circa 5 persone su un milione dopo la prima dose del vaccino AstraZeneca-Oxford.

Rispetto ai vaccini con mRNA, il rischio di una trombosi venosa celebrale da Covid è circa 10 volte maggiore.

Rispetto al vaccino AstraZeneca, il rischio di una trombosi venosa celebrale da Covid è circa 8 volte maggiore. Tuttavia, va anche detto, tutti i confronti devono essere interpretati con cautela poiché i dati continuano ad accumularsi.

Dallo studio emerge che il Covid aumenta notevolmente il rischio di CVT, aggiungendosi all’elenco dei problemi di coagulazione del sangue causati da questa infezione. In secondo luogo, il rischio Covid è più alto di quello che vediamo con gli attuali vaccini, anche per gli under 30.

Dal canto suo, il dottor Maxime Taquet, del Translational Neurobiology Group, ha dichiarato che “questi dati dovrebbero essere interpretati con cautela, soprattutto perché i dati sul vaccino Oxford-AstraZeneca provengono dal monitoraggio EMA, mentre gli altri dati utilizzano l’elettronica TriNetX rete di cartelle cliniche. Tuttavia, i segnali che il Covid è collegato alla CVT, così come alla trombosi della vena porta – un disturbo della coagulazione del fegato – sono chiari e dobbiamo prenderne atto”.

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