MANTOVA – Ragazzi sempre più violenti, con la microcriminalità giovanile che continua a registrare aumenti importanti, e lo stesso dicasi per fenomeni altrettanto preoccupanti quali il cyberbullismo. Su tutti un dato molto esemplificativo della realtà mantovana.
Nel piano di zona di Mantova, che comprende il capoluogo e altri quindici comuni tra la prima e la seconda cerchia della città, i minori con procedimenti penali da inizio anno sono ben 51.
E’ quanto emerso ieri durante il convegno organizzato dalla sezione cittadina di Forza Italia, con il patrocinio della Provincia di Mantova, svoltosi nel foyer del teatro Sociale.
Al tavolo dei relatori, moderati dal giornalista Werther Gorni, e stimolati dal segretario provinciale e cittadino del partito Michele Falcone e Pier Luigi Baschieri, sono stati Andrea Benlodi, direttore della Struttura complessa di Psicologia clinica e territoriale di Asst Mantova, e Luigi Iavarone, componente dell’Osservatorio ‘Media e Minori’ della Regione Lazio, a rispondere alle numerose domande e a proporre anche delle importanti riflessioni, partendo proprio dai numeri di Asst Mantova: nel 2023 le famiglie prese in carico erano 528 per un totale di 764 minori, di cui 45 procedimenti penali. Nel 2024, al 30 settembre scorso, le famiglie prese in carico erano 590 per un totale di 841 minori, di cui appunto 51 procedimenti penali.
Ce n’è abbastanza per capire quanto il numero delle situazioni di disagio stia aumentando. Ciò che sorprende è che paradossalmente, gli psicologi a disposizione del Servizio siano diminuti, a causa di scelte sia organizzative che di budget di Regione Lombardia. “Siamo davvero in difficoltà sul fronte personale per far fronte a un incremento così importante dei casi da seguire sul territorio. E la figura dello psicologo è fondamentale per affrontare queste situazioni ” dichiara Benlodi.
Ma come mai questa esplosione di violenza? O meglio cosa c’è dietro a tutta questa violenza? “Innanzitutto sono le famiglie che non sono in grado di gestire i propri ragazzi. Di frequente si tratta di immigrati che non parlano l’italiano e sono proprio i figli a dover tradurre per i genitori quando ci si raffronta. Sono giovani molto spesso senza riferimenti, passano molte ore fuori casa, e quando assumono comportamenti violenti non c’è una risposta adeguata. Sarebbe il caso che anche la legge iniziasse a venirci incontro” continua Benlodi.
C’è dunque un quadro di povertà educativa che, tornando al tema della giornata, ben si affianca ai pericoli dei social network a loro volta spesso collegati a quella nuova forma di violenza che è il cyberbullismo. “Ormai è una vera emergenza al punto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha sollevato preoccupazioni sull’impatto della tecnologia digitale sulla salute mentale dei giovani. Tecnologia che sarebbe utilizzata in modo distorto dal 14% dei ragazzi” sottolinea Baschieri.