Compie 50 anni “The Dark Side of the Moon”, il capolavoro dei Pink Floyd

L’ottavo album dei Pink Floyd – The Dark Side of the Moon – non solo è il loro maggior successo, ma è anche il quarto LP più venduto dell’intera storia della musica popolare del Novecento. Un’opera rivoluzionaria che festeggia il cinquantennale dalla sua uscita. Mezzo secolo fa, nel 1973, la band di Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright pubblicava uno dei dischi più importanti e inimitabili del rock, sintetizzando riflessioni sull’esistenza, crisi di mezz’età, ascese verso l’assoluto e vertiginose cadute negli snodi della follia.

Una linea di demarcazione netta tra i Pink Floyd che furono e quelli che sono diventati. Il progetto prese forma quasi un anno prima della pubblicazione del disco, al leggendario Rainbow Theatre di Londra dove viene presentato Dark Side of the Moon: A Piece for Assorted Lunatics, lo show durante il quale i quattro musicisti eseguono tutti e dieci i pezzi di quello che sarà l’album simbolo degli anni Settanta. Pezzi che parlano di tutto ciò che sfugge al nostro lato razionale, che esplorano il nostro lato oscuro che è dentro di noi. E chi ascolta, cercando approfondire, avverte istantaneamente quel senso di stupore e di paura di fronte al mistero dell’esistenza, interrogandosi in continuazione su di essa. Come premesso, i temi dei testi delle canzoni includono l’avidità, l’invecchiamento, la morte e l’infermità mentale. Quest’ultima materia prese come ispirazione il deterioramento mentale di Syd Barrett, che era stato il principale compositore e paroliere del gruppo nei suoi primi anni. Sul lato A “Speak to Me”, “Breathe”, “On the Run”, “Time + Breathe (Reprise)”, “The Great Gig in the Sky”; sul lato B “Money”, “Us and Them”, “Any Colour You Like”, “Brain Damage”, “Eclipse”.

Ma non si può fare a meno di stendere elogi sull’elaboratissimo e maniacale sistema audio-fonico impresso sui solchi del disco, grazie al lavoro di un ingegnere del suono del calibro di Alan Parsons (al quale si devono alcune delle intuizioni più innovative come il ticchettio di orologi che introduce Time), che costituisce l’autentica perla ed epicentro musicale-ideologico di tutta l’operazione, rappresentando il culmine di anni di sperimentazioni. L’album è stato rimasterizzato e ripubblicato in due occasioni, oltre alle reinterpretazioni di vari gruppi musicali. Furono estratti due singoli: Money e Time/Us and Them. La copertina dello Studio Hipgnosis di Storm Thorgerson, realizzata con George Hardie è una delle più iconiche della storia della musica. È lui a disegnare i tratti essenziali partendo da un’illustrazione che Thorgerson aveva trovato sul processo di creazione della luce attraverso un prisma di vetro. Un triangolo, una linea bianca, sei linee parallele colorate. Tutto intorno: il nero. Il raggio di luce bianca proiettato nel prisma disperde sei colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu e porpora. Sono i colori dell’arcobaleno, l’intruso è il porpora che sostituisce l’indaco e il viola perché questi ultimi, posizionati vicini, avrebbero creato confusione a chi osservava la copertina nei negozi. «Questo prisma che si rifrange in uno spettro appartiene a tutti», dichiarò lo stesso Thorgerson. Mettere il vinile sul giradischi, tanto oggi quanto quasi cinquant’anni fa, significa entrare in una dimensione parallela. Lunga vita al lato oscuro della luna.

Matteo Vincenzi