Da bene della mafia a patrimonio pubblico: a Mantova l’arazzo del Settecento

MANTOVA – Un corteo silenzioso avanza verso un tempio immerso nel verde: Montano guida Amarilli, ninfa d’Arcadia, verso un destino che sembra già scritto. È questa la scena intensa e drammatica che si dispiega nell’arazzo settecentesco “Montano conduce Amarilli al Tempio”, protagonista del ritorno ufficiale nel patrimonio pubblico e al centro della presentazione in programma giovedì 18 dicembre alle 11, nella Sala degli Arcieri di Palazzo Ducale.

L’opera, attribuita alla manifattura fiamminga di Audenarde (Oudenaarde) – celebre nel XVIII secolo per l’altissima qualità delle sue produzioni tessili – viene restituita alla collettività al termine di un procedimento giudiziario che ne ha disposto sequestro e confisca per reati di natura economica. A presentarla al pubblico sarà la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Mantova e Lodi, in collaborazione con il Museo di Palazzo Ducale di Mantova. Secondo gli studi storico-artistici in corso, la scena raffigurata si ispira al celebre dramma pastorale “Il Pastor Fido” di Giovan Battista Guarini, composto tra il 1580 e il 1583. L’arazzo rappresenterebbe il momento in cui Amarilli, accusata d’infedeltà, viene condotta da Montano, sacerdote della dea Diana, al tempio dove dovrebbe essere giustiziata. Un soggetto raro, presente in poche altre opere legate alla produzione di Audenarde, che rende il manufatto di particolare interesse iconografico. Accanto al valore narrativo, l’arazzo colpisce per la raffinatezza della tecnica esecutiva: le bordure riccamente ornate, l’equilibrio della composizione e soprattutto il paesaggio, che da semplice quinta scenica diventa protagonista della rappresentazione. Le diverse tonalità di verde e la varietà della vegetazione costruiscono uno spazio naturale vivo e articolato, capace di amplificare la tensione del racconto.

Ma l’iniziativa non intende valorizzare soltanto il pregio artistico dell’opera. Il rientro dell’arazzo nel patrimonio dello Stato assume anche un forte significato simbolico, rappresentando la trasformazione di un bene legato a dinamiche di potere illegale in uno strumento di memoria, legalità e restituzione alla comunità. Come ha sottolineato il procuratore di Milano Francesco Greco, «l’investimento in opere d’arte rappresenta una delle più efficaci, ricercate e remunerative strategie di riciclaggio di proventi illeciti riscontrate in ambito internazionale». In questo senso, la riappropriazione pubblica di un’opera che racconta e rappresenta parte della storia collettiva assume un valore educativo ancora più forte.

Viene inoltre evidenziata l’importanza della collaborazione tra le istituzioni coinvolte nel complesso processo di recupero e restituzione dei beni sottratti alla criminalità organizzata: dalla Guardia di Finanza all’ANBSC, fino al Ministero della Cultura, che ha istituito un gruppo di lavoro dedicato allo studio dei beni confiscati, composto da funzionari storici dell’arte delle soprintendenze lombarde. All’incontro interverranno Annarita Santantonio, questore di Mantova; Debora Trevisan, delegata per il direttore generale Fabrizio Magani; Stefano L’Occaso, direttore di Palazzo Ducale; Mattia Palazzi, sindaco di Mantova; la Diocesi di Mantova e Raffaella Bentivoglio-Ravasio, coordinatrice del gruppo di studio MiC.