CASTIGLIONE – Domenica 10 novembre alle 21 al Teatro Sociale di Castiglione in scena “Il caso Jekyll”, con Sergio Rubini e Daniele Russo, per la regia dello stesso Rubini. Quest’ultimo porta la sua rilettura del personaggio di Stevenson in chiave psicanalitica e promette suspence come in una vera crime story.
Il nostro Henry Jekyll è uno stimato e blasonato studioso della mente vissuto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, proprio nello stesso periodo in cui nasce e si sviluppa la psicanalisi. Dopo un’affannosa e solitaria ricerca sui disturbi psichici dei propri pazienti, il grande luminare è approdato all’individuazione delle cause della malattia mentale: all’origine di quei disturbi vi è il conflitto tra l’Io e la sua parte oscura, la sua Ombra, quella battezzata in quegli anni con il nome di Inconscio. L’Ombra non è costituita solo da istinti e desideri inconfessabili, ma è anche e soprattutto fonte di creatività e di piacere, oltre a rappresentarci per ciò che siamo veramente, nel profondo. Il dottor Jekyll decide così di sperimentare su se stesso le sue teorie tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, a cui dà il nome di Edward Hyde. Ciò che il dottore non mette in conto è che una volta liberato quel suo famigliare oscuro, questi, anziché soggiacere alle regole del dialogo impostate dalla sua parte razionale, inizia progressivamente a vivere di vita propria dando libero sfogo alle sue inclinazioni più malvagie e violente fino a prendere il sopravvento sull’intera vita dell’esimio scienziato.
“Il nostro testo, spogliato da qualsiasi soluzione allegorica usata da Stevenson – spiega Rubini – che dà il carattere fantastico a tutta la storia, come la metamorfosi di Jekyll in Hyde attraverso un esperimento chimico, la cosiddetta “pozione” -, è piuttosto un viaggio nell’inconscio, nella fattispecie di un famoso luminare della medicina, Henry Jekyll, che ambendo all’individuazione di quelle che sono le cause della malattia mentale, si fa cavia e diventa poi vittima delle sue stesse teorie, tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, il suo Hyde. Da ciò si evince chiaramente come il racconto da cui siamo partiti sia in effetti solo d’ispirazione a una storia più vicina ai temi della nostra contemporaneità, offrendo allo spettatore la possibilità non solo di rispecchiarsi in quelli che sono i pericoli ma anche i piaceri che scaturiscono dalla propria ombra, ma anche di essere spunto di riflessione sulla necessità di dialogare col proprio inconscio, portarlo fuori e condividerlo con la collettività per evitare che la nostra ombra scavi in solitudine nel nostro io un tunnel di sofferenze e violenza.”