“Ebraismo al sesto giorno”: terzo incontro promosso dall’Associazione di cultura ebraica “Man Tovà – La città della manna buona”.
L’Associazione di cultura ebraica “Man Tovà – La città della manna buona”, grazie al patrocinio del Comune di Mantova e alla collaborazione della Fondazione Franchetti, promuove il quindicesimo ciclo di incontri relativo alla conoscenza e alla diffusione della cultura ebraica declinata nelle diverse espressioni del suo patrimonio storico, culturale e sociale.
Il terzo incontro, che avrà luogo domani alle 21 presso l’Aula Magna del liceo “Isabella d’este”, in via Giulio Romano 13 a Mantova, sarà tenuto da Federico Adinolfi (Dottore di ricerca in Studi religiosi presso l’Università di Bologna e professore incaricato di Storia delle religioni presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “S. Francesco” di Mantova) che accompagnerà il pubblico in un percorso straordinariamente interessante dal titolo “Tra il Giordano e il Tempio: Giovanni Battista nel suo contesto ebraico”. Sarà questa un’occasione, imperdibile per tutti gli interessati al mondo biblico, per assistere alla presentazione del libro di Adinolfi “Giovanni Battista. Un profilo storico del maestro di Gesù”, edito nel 2021 da Carocci (Roma).
L’ingresso è come sempre libero e aperto a tutti ed è consigliato e raccomandato l’uso della mascherina anti-Covid. Ai docenti che ne faranno richiesta verrà consegnato un attestato di partecipazione alla conferenza.
“Chi era Giovanni il Battista? La tradizione cristiana lo ha ricordato prevalentemente con le immagini del precursore mandato da Dio a preparare la via di Gesù – dice una nota degli organizzatori –, del testimone-lampada che risplende momentaneamente per dare testimonianza alla luce, dell’amico dello sposo che esulta di gioia all’udire la voce dello sposo, felice di diminuire affinché questi cresca. Come nel pannello centrale dell’altare di Isenheim dipinto da Matthias Grünewald, il Battista essenzialmente non è altro che un dito indice puntato in direzione di Gesù. A loro volta, gli studi storico-biblici, pur rifiutando come apologetica quest’immagine offerta dai Vangeli, hanno finito in realtà per perpetuarla in una forma differente, rappresentando Giovanni come un ebreo radicalmente anomalo e alienato, isolatosi programmaticamente nel deserto in segno di rottura con il suo mondo. Un ex-sacerdote avverso al Tempio, un inflessibile castigatore di chiunque confidasse nell’elezione d’Israele e nelle promesse d’Abramo. Straniero in una generazione di vipere, il Giovanni della tradizione accademica è molto spesso un ‘desertificatore’ del giudaismo, che spezza via le istituzioni centrali del suo popolo – l’elezione, l’alleanza, la Torah, il Tempio -, preparando involontariamente il superamento del giudaismo ad opera del cristianesimo. Eppure, tanto le fonti evangeliche quanto la testimonianza dello storico ebreo Flavio Giuseppe attestano unanimemente che il Battezzatore fu una figura di primo piano nello scenario religioso e politico dell’epoca: amato e venerato dalla gente comune, ma anche stimato e rispettato anche dalle autorità religiose, quale era lo stesso sacerdote aristocratico Flavio Giuseppe. È dunque di questo Giovanni che si andrà alla ricerca: del battezzatore che attirava grandi folle lungo il Giordano, del profeta il cui messaggio entusiasmava il popolo al punto di indurre Erode Antipa a eliminarlo, del sacerdote e maestro autorevole – ma vicino alla gente – capace di persuadere soldati, pubblicani e prostitute a ritornare sulla via della giustizia. Il maestro di un galileo di nome Gesù, che da lui si fece battezzare, e che, divenuto profeta a sua volta, trascorse anch’egli la maggior parte del suo (breve) tempo lungo uno specchio d’acqua”.