Il campanile di Sant’Andrea torna a splendere e ritrova il suo volto. Ora tocca alla sua voce

MANTOVA – L’emozione è difficile da raccontare, ma impossibile da dimenticare. Salire in quota sul grande ponteggio che da quindici mesi abbraccia il campanile della Basilica di Sant’Andrea, e di cui è iniziato lo smontaggio, significa compiere un viaggio nel tempo e nell’anima della città.

da sinistra don Stefano Savoia, Marco Spagnuolo e Stefano Gorni Silvestrini

Il montacarichi scorre lento, e poi, una volta in cima, lo stupore: la torre che svetta con orgoglio da secoli, le superfici restaurate che si lasciano accarezzare dalla luce, e tutt’intorno una Mantova che si stende sotto gli occhi come un dipinto senza tempo. Saliamo in quota insieme a tre uomini che con questo campanile hanno stretto un legame profondo: don Stefano Savoia, architetto e rettore della basilica, l’architetto Stefano Gorni Silvestrini, progettista e direttore dei lavori per la parte architettonica, e Marco Spagnuolo, capocantiere. I loro occhi raccontano una dedizione che va oltre la tecnica: è amore per la città, per il suo cuore antico che oggi torna a pulsare.

IL RECUPERO TRA MIGLIORAMENTO SISMICO E RESTAURO

“Il progetto si è sviluppato in due lotti funzionali – spiega Gorni Silvestrini – il primo, finanziato dal Pnrr, riguarda il miglioramento sismico dell’intera struttura, mentre il secondo è incentrato sul restauro del campanile. Siamo partiti nell’aprile 2024, realizzando subito il ponteggio monumentale. I lavori sono cominciati dalla guglia, la parte più delicata e compromessa: la vegetazione aveva staccato mattoni e giunti in intonaco. Siamo scesi piano dopo piano, realizzando cerchiature strutturali e infine pulendo e consolidando tutte le superfici, sia in pietra che in laterizio”.
Un lavoro imponente, del valore di quasi un milione e 200 mila euro, reso possibile grazie alla collaborazione di molte realtà: 620 mila euro dal Ministero della Cultura tramite i fondi Pnrr, 350 mila euro dalla Cei attraverso l’8×1000, un contributo da parte di Fondazione Cariplo, collegato al Bando Emblematici Maggiori e 200 mila euro che arriveranno dalla Parrocchia di Sant’Andrea. Tanti anche coloro che hanno lavorato al cantiere: i progettisti per la parte strutturale Aberto Mani e Alberto Moretti, il coordinatore per la sicurezza del cantiere Antonio Fabbri, e la ditta RWS che ha eseguito il restauro. 
Ma oltre ai numeri e agli interventi tecnici, ciò che colpisce è la visione culturale e spirituale che anima questo cantiere.

“IL CAMPANILE, IL SIMBOLO IDENTITARIO DELLA COMUNITA”

In ogni chiesa, in ogni paese, il campanile è simbolo di comunità – racconta don Stefano Savoia –. Un campanile restaurato e sicuro, anche per la protezione contro le scariche atmosferiche, è un bene comune. Ci si ritrova sotto il campanile per sentirsi comunità, per riconoscersi come città. Il campanile di Sant’Andrea inoltre è particolarmente importante perchè è il più alto tra quelli della città e soprattutto è ciò che rimane del’antica abbazia benedettina. Abbiamo così, fianco a fianco, il confronto tra lo stile tardo gotico del campanile e quello rinascimentale del pronao della basilica”.
Sono 63 i metri d’altezza del campanile (la cupola all’altezza della croce è 80 metri) per la cui costruzione, iniziata nel 1413, ci vollero alcuni decenni. Camminando lungo le impalcature si possono toccare gli archi a sesto acuto, diversi a ogni piano, leggere con le dita le cornici in cotto che ornano le facciate, percepire il tempo depositato tra i mattoni.

LA VOCE SPEZZATA DELLA ‘SANT’ANDREA’ CHE ATTENDE DI TORNARE 

Il restauro del campanile non è però il punto di arrivo. Ora lo sguardo si alza verso le campane, in particolare verso la “Sant’Andrea”, seconda per grandezza nel concerto campanario, ferma da oltre vent’anni a causa di una crepa.
“La sua riparazione – prosegue don Stefano – è un’operazione molto delicata e costosa. Prevede la sua discesa dalla torre, la saldatura della lesione, e il restauro della campana. Una volta restaurata, verrà riposizionata nella cella campanaria. Lanceremo una sottoscrizione per chiedere alla comunità un aiuto per restaurare questa campana. Una volta che riusciremo a completare l’intervento, non sarà solo una campana restaurata: sarà la voce ritrovata di un’intera città”.
Nel concerto si trovano anche altre quattro campane ottocentesche. Sono tra le poche in Italia risalenti a quel periodo visto che la maggior parte venne requisita durante la Prima guerra mondiale per la fusione di cannoni. La più imponente è la “Longina”, 2555 chilogrammi, che domina l’intera torre.

Il grande ponteggio, che per mesi ha avvolto la torre, ancora per poche settimane continuerà a scendere. Giorno dopo giorno, le travi metalliche lascieranno spazio alla visione pulita del campanile restaurato. La città potrà così tornare a guardare in alto, con orgoglio, e il campanile di Sant’Andrea a esserne il suo faro identitario che ora ha ritrovato il suo volto e a breve si spera possa anche ritrovare la sua voce.