“Il Napoletano”di Maria Beatrice Genovesi. Un romanzo di arte e libertà sullo sfondo della storia. Domani la presentazione all’Accademia Virgiliana

MANTOVA – Un uomo, Flavio Sangiorgi, controverso, pragmatico se non addirittura cinico, sullo sfondo di una Napoli di fine ‘800 divisa tra le difficoltà delle classi meno abbienti in perenne lotta contro povertà, malattie e degrado e la quotidianità di una borghesia apparentemente distaccata dai problemi reali ma pronta invece ad entrare in gioco ogniqualvolta capisca che la situazione può tornare a proprio favore.
E’ un romanzo intenso, pieno di sfumature emotive, quello scritto da Maria Beatrice Genovesi, (Europa Edizioni) che sarà presentato domani 24 settembre alle ore 17 all’Accademia Virgiliana.
“Il Napoletano” i
l titolo dell’opera, perchè così Flavio Sangiorgi veniva chiamato, “un libro – spiega l’autrice – che non è dettato da una ragione particolare”.
“Quando inizio un romanzo non penso mai, è successo così con questo come per i due precedenti, è come se attingessi a qualche fonte interiore. E’ un po’ come diceva Isabel Allende “scrivere è sempre un po’ come fare una seduta spiritica”, si chiama nell’attesa che qualcuno, qualcosa risponda” continua Genovesi che sottolinea: “anche l’ambientazione a Napoli non ha un perchè preciso, nonostante mio padre abbia studiato a lungo là e mia madre sia originaria di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano. Ho iniziato il libro sei anni fa, in un periodo molto difficile della mia vita, l’ho ripreso in mano due anni fa e sono stata a Napoli per la prima volta nella mia vita solo a luglio 2020”
Che figura è quella di Flavio Sangiorgi?
E’ l’incarnazione di un potente senso di libertà che si traduce in un continuo bisogno di autoaffermazione, è un sopravvissuto ma che ha cercato di sopravvivere al meglio trasformando un dramma in un talento se non addirittura in un’arte.
Ci sono dei momenti chiave nel romanzo, la visita di Sangiorgi al castello Neuschwanstein, in Baviera in compagnia del suo benefattore e la legge 2892 del 1885, questa assolutamente reale per il risanamento di Napoli dopo una terribile epidemia di colera.
Si, una legge del governo Depretis, che aveva dato Napoli ai napoletani con tutti i limiti che ciò poteva comportare. Praticamente è stata data mano libera al Municipio di Napoli per la ricostruzione, e quindi per progetti, appalti, diritto a espropriare le case più malsane, dove abitavano i più poveri, ma poi è stata ricostruita una Napoli non per questi ma per la ricca borghesia.
Come definirebbe questo romanzo?
Non è un romanzo storico ma di arte, libertà, incarnata da un personaggio amorale ma non immorale. Perché Flavio Sangiorgi non sceglie deliberatamente di far male agli altri: il suo pensiero é volto ad affermare sé stesso e il danno arrecato é una sorta di effetto collaterale, in una prospettiva che esula dal bene e dal male. Ma lascio aperta la riflessione, sollevando il dubbio se una qual certa amoralità non entri in gioco nella vicenda creativa di ogni artista quando un’idea, un’ intuizione diviene un’ossessione che va perseguita a qualunque costo. Come nel caso di Neuschwanstein.

E saranno i lettori anche i protagonisti della presentazione di domani pomeriggio (ore 17 Sala Ovale Accademia Virgiliana) in quanto, a fianco dell’autrice, a parlare de “Il Napoletano” ci saranno il professor Marzio Romani, economista, l’architetto Giancarlo Leoni e il dottor Roberto Bondavalli, psicoterapeuta. Ci saranno così tre chiavi di lettura del libro: economica, urbanistica e socio-psicologica.