MANTOVA – A Palazzo San Sebastiano, nell’ambito di Festivaletteratura, ieri sera Alessandro Aresu e Cesare Alemanni hanno discusso di come l’intelligenza artificiale stia trasformando equilibri tecnologici e geopolitici. L’incontro, sponsorizzato da Confindustria, ha mostrato un’IA ben oltre l’immagine quotidiana delle chatbot.
«Per molti l’intelligenza artificiale è ancora una cosa in cui apri il computer, vai su ChatGPT e ti sembra un’attualità – ha esordito Alemanni –. Ma dietro c’è una corsa tra giganti, risorse e potenze globali». Aresu ha ricordato l’origine del termine: «Nel 1955 un professore statunitense si inventa l’espressione “intelligenza artificiale” per ragioni di marketing, perché cibernetica e automazione non suonavano abbastanza attraenti. Questo ci ricorda che il concetto ha sempre avuto un valore comunicativo, oltre che scientifico». Dietro agli strumenti di uso comune c’è un ecosistema globale: «ChatGPT non è nato a San Francisco, ma in Iowa, nei data center messi a disposizione da Microsoft. È la storia di acciaio, rame, semiconduttori prodotti a Taiwan, memorie coreane, server assemblati in più parti del mondo, fino agli operai che li installano. La geopolitica dell’intelligenza artificiale è fatta di aziende, talenti e catene di approvvigionamento», ha spiegato Aresu. Non solo Stati Uniti: la Cina è al centro della competizione. «Dal 2015 Pechino ha puntato a scalare le filiere tecnologiche più strategiche: dai semiconduttori all’aerospazio, fino alla robotica e all’IA. Oggi la Zhejiang University è tra i primi centri mondiali per pubblicazioni sul tema», ha ricordato. Gli Stati Uniti, intanto, oscillano tra protezionismo e apertura: «Ci sono 270 mila studenti cinesi nelle università americane. Senza questo apporto, il sistema formativo e la ricerca tecnologica statunitense collasserebbero», ha aggiunto Aresu, che sul tema ha approfondito nel volume “Geopolitica dell’intelligenza artificiale” (Feltrinelli), seguito dal recente “La Cina ha vinto”.
Conclusione netta: «La rivoluzione dell’IA non è calata dal cielo, ma nasce da catene produttive, strategie industriali e visioni geopolitiche. La Cina vede la vittoria anche nell’autodistruzione dell’avversario; gli Stati Uniti dovranno continuare ad attrarre talento per restare in testa».
Antonia Bersellini Baroni