MANTOVA – Cosa c’entrano i vecchi filmati dei cinegiornali Luce che precedevano le proiezioni di ogni film in tutti i cinema d’Italia durante il ventennio, la mostra “Propaganda: the Art of Political Indoctrination”, attualmente in corso (ma ovviamente non visitabile) presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò della NYU e l’emergenza Covid19 a New York?
Se avete risposto ‘niente’ dovreste assolutamente vedere l’ultima puntata di “Tutti a Casa!” la nuova serie di trasmissioni prodotta, appunto dalla Casa Italiana, dedicata a propaganda e satira trasmessa nei giorni scorsi sui social.
In conversazione col direttore e conduttore Stefano Albertini c’erano Nicola Lucchi, docente presso il Queens College (CUNY), curatore della mostra e il documentarista, vidoeografo e producer Dado Carillo.
Albertini ha spiegato che durante la fase di concepimento della mostra cominciata con una lunga ed approfondita visita alla sede della Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, che ha prestato tutte le opere esposte, ed è continuata con i colleghi della Casa e lo staff curatoriale diretto da Lucchi, una delle preoccupazioni principali era quella di non finire col glorificare il fascismo e la sua macchina propagandistica anziché contribuire alla sua decostruzione critica.
Quando Albertini si è imbattuto sulle reti sociali nei brevi mocumentaries realizzati da Dado Carillo e Roberto Di Tanna per raccontare i giorni del Coronavirus a New York, utilizzando i filmati del Luce non ha aspettato un secondo e ha invitato Carillo a confrontarsi con Lucchi appunto sul tema propaganda e satira.
Durante la trasmissione Carillo ha spiegato come all’origine dei mocumentaries, che sono stati mostrati durante la trasmissione, ci fosse proprio la mostra Propaganda della quale i suoi colleghi di studio stavano montando la visita virtuale a 360 gradi.
Carillo e Lucchi hanno duettato su propaganda, satira, censura fra il ventennio fascista e la quarantena da Covid19, hanno anche parlato delle differenze sostanziali fra la satira politica italiana e quella americana e della lente deformante con cui dall’Italia quasi sempre si guarda a quanto succede a New York.
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