Sui Grilli del Te, con la gioia negli occhi e l’infanzia nel cuore

MANTOVA – Nei primi mesi di vita del gruppo Facebook “Sei di Mantova se …” uno dei post che ricorreva più frequentemente recitava “se da piccolo andavi sui Grilli sul Te”.
Già perchè diciamolo, difficile trovare un bambino di Mantova che non abbia scorrazzato qualche volta a bordo dei Grilli che si noleggiavano, come accade tutt’oggi, al chiosco dei giardini del Te. Per qualche tempo furono ai giardini di viale Piave, poi si trasferirono al Te come raccontò qualche anno fa prima di andare in pensione Andrea Lana, che gestì a lungo il chiosco di fronte alla villa giuliesca, dove i Grilli li portò suo padre Pierino nel 1967.
Quanti giri, quante corse e gare con gli amici su quello strano e bellissimo triciclo colorato, dal movimento a propulsione alternata! Un mezzo curioso che, a dispetto del nome, non ha voce, se non il leggero suono che produce mentre si muove. Forse è proprio per questo che si chiama così. Di certo, come il saggio e spesso inascoltato Grillo Parlante di Pinocchio, anche questo Grillo ha saputo entrare nel cuore dei bambini, regalando momenti indimenticabili a intere generazioni. A Mantova, poi, è diventato un’istituzione: un simbolo di spensieratezza e di infanzia felice.

La storia del Grillo 

Per conoscere la sua storia dobbiamo spostarci però da Mantova nella vicina provincia di Reggio Emilia. Qui, all’inizio degli anni ’50, un artigiano di nome Manlio Battilani originario di Groppo – una piccola frazione di Vetto, nell’Appennino reggiano – diede vita alla sua invenzione.  Manlio, scomparso nel 2013 all’età di 96 anni, raccontò la sua storia in un’intervista alla Gazzetta di Reggio pubblicata nell’agosto del 1997, quando due giornalisti lo raggiunsero nella sua casa natale.
Dopo il difficile periodo della guerra – durante il quale fu soldato dell’esercito italiano e trascorse un anno

Manlio Battilani con la moglie (foto Gazzetta di Reggio)

prigioniero sotto la Legione Straniera – Manlio tornò a casa. Ma per un fabbro come lui, il suo borgo offriva ben poche possibilità di lavoro, così si trasferì a Vetto, dove iniziò ad aggiustare biciclette. La svolta arrivò quando riuscì a comprare un negozio di biciclette a Reggio Emilia, in piazza Fontanesi.
E qui, agli albori degli anni ’50, accade uno di quegli episodi unici in grado di cambiare la vita. “Li avevo un triciclo in ferro che prestavo a chiunque me lo chiedeva – spiegò Manlio – e andava a finire che mi lasciavano una mancia che spesso era più grande di quanto guadagnavo in una giornata di lavoro”.
Fu allora che si accese la scintilla. Si dice che si sia ispirato a un’invenzione di Enzo Ferrari, il “Leprotto”, che però non ebbe mai la stessa fortuna del Grillo. Nacque così il celebre triciclo: silenzioso, sicuro, leggero e facile da manovrare.
L’invenzione la tutelò con diversi brevetti che poi lasciò scadere quando smise di produrlo, perchè al rientro nel suo paese avevano bisogno di lui come fabbro. Già, produrlo, perchè dal 1951 al 1967 un po’ in tutta Italia prese il via un incredibile fenomeno di massa di cui i giornali si occuparono ripetutamente …… Manlio li costruiva con le proprie mani, insieme al figlio Amerigo a Vetto, e con lui e la figlia Rosalia iniziò a girare la Penisola intera. Noleggiava i suoi Grilli nelle piazze, qualche lira per qualche minuto di gioia. Divenne l’amico dei bimbi …..”. Ben presto i Grilli vennero richiesti a Battilani da Egitto, Svizzera, Francia, Germania, Danimarca, Cina, Giappone, Canada, Guatemala, Arabia Saudita e Brasile: il Grillo era diventato un successo mondiale.
Molti anni dopo, Amerigo e i suoi figli decisero di riportare in vita il Grillo, riprendendone la produzione e introducendo qualche piccola innovazione, senza però snaturarne l’essenza.

Un ricordo che pedala nel tempo

Oggi, il Grillo non è solo un triciclo: è un frammento di infanzia che continua a vivere tra i vialetti dei giardini del Te. Basta vederne uno in movimento per ritrovarsi, anche solo per un istante, bambini di nuovo, con le risate degli amici a fare da colonna sonora e la voglia di correre più veloce che si può. Quel suo andare avanti e indietro, con un ritmo quasi ipnotico, è come il battito del cuore di una città che custodisce con affetto i suoi ricordi più belli. Perché a Mantova, ogni giro su un Grillo non è solo un gioco, ma un viaggio nel tempo, un’emozione che continua a pedalare, senza mai fermarsi…