MANTOVA – E’ rientrato oggi, nel tardo pomeriggio, da Alessandria, dove è stato una delle opere più ammirate della mostra “Alessandria preziosa. Un laboratorio internazionale al tramonto del Cinquecento” allestita al Palazzo del Monferrato (21 marzo – 6 ottobre 2024), il prezioso reliquiario (stauroteca) contenente uno dei frammenti più grandi al mondo della Vera Croce di Cristo, esemplare di oreficeria gonzaghesca sopravvissuto alle requisizioni francesi ed esposto nelle sale del Tesoro del Museo Diocesano “Francesco Gonzaga”.
La Diocesi, con l’autorizzazione del Ministero della Cultura, ha acconsentito al prestito per i legami storici che hanno unito Mantova e il Monferrato in epoca gonzaghesca.
La croce, contenente le reliquie, veniva inserita in circostanze solenni sull’apice del perduto tabernacolo d’argento “immensi ponderis” che sovrastava l’altare maggiore della basilica palatina di Santa Barbara.
Sono tre le principali fasi costruttive dell’opera, che ne testimoniano il pregio e il fascino.
I pezzi della Croce sono tenuti insieme da fascette e cappucci in oro e smalti policromi, risalenti al X secolo, provenienti da una bottega urbana di Costantinopoli.
La stauroteca vera e propria, in argento e 18 gemme – granate, quarzi citrini, un topazio grande “come un uovo” – fu commissionata da Guglielmo Gonzaga, realizzata tra il luglio del 1572 e il novembre del 1573 e donata alla basilica di corte insieme ad altre fiabesche oreficerie.
Anche il basamento, resosi necessario dopo la dispersione del tabernacolo, di epoca successiva e quindi liquidato piuttosto frettolosamente dalla critica, si rivela invece un’opera dal pedigree di tutto rispetto. In bronzo dorato e gemme di quarzo, riflette il gusto eclettico – neomanierista – del secondo Ottocento; fu realizzato intorno al 1890 da orefici torinesi – la basilica in quegli anni era di patronato sabaudo e i funzionari di corte ancora originari del Piemonte – su disegno del celebre architetto Alfredo d’Andrade, allievo di Viollet-le-Duc, figura di spicco della cultura architettonica italiana, fautore del restauro stilistico (come la Sacra di San Michele e il borgo medievale di Torino).
Non meno interessanti sono le vicende del contenuto del reliquiario.
Il legno della Vera Croce giunse a Guglielmo Gonzaga per via ereditaria, dalla madre Margherita Paleologa, ultima marchesa del Monferrato, insieme ad altre importantissime reliquie citate nel suo testamento datato 1563 e divise tra i figli Gugliemo (duca) e Federico (cardinale).
La reliquia mantovana quindi proviene dal Monferrato, la cui presenza è documentata nella cappella di San Nicolò in Carcere nel duomo di Casale, almeno dal 1305. I sacri resti furono portati nel marchesato piemontese direttamente da Costantinopoli dai Paleologi, ultimi Imperatori d’Oriente. Si ricollegano quindi all’origine stessa della reliquia della Vera Croce, scoperta a Gerusalemme da Elena, madre dell’Imperatore Costantino. Come racconta Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea, ispiratrice dei cicli pittorici che illustrano le “Storie della Vera Croce”, ritrovata e individuata la Croce di Cristo in un deposito nei pressi del Calvario, Elena divise il legno in tre parti; la principale rimase a Gerusalemme, fino a quando fu trafugata dai Persiani, e altre due parti furono inviate a Roma (custodite ancor’oggi nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme) e a Costantinopoli, dal figlio imperatore. La porzione costantinopolitana dovrebbe essere quindi quella giunta a Mantova e conservata nella stauroteca di Santa Barbara.
Il ritrovamento di Elena diede inoltre origine alla festa dell’Esaltazione della Santa Croce, inizialmente celebrata in maggio sia in oriente che in occidente. Con la riforma liturgica la festa fu spostata in settembre.
Per questo, sabato 14 settembre, alle ore 18.30, nella basilica di Sant’Andrea sarà esposta la reliquia nel corso della celebrazione eucaristica, animata dalla corale G. Verdi di Ostiglia e dalla Compagnia del Preziosissimo Sangue di Cristo, che riconosce in questa circostanza una delle maggiori solennità della confraternita. Al termine dell’ostensione la stauroteca tornerà al Museo Diocesano.