MANTOVA – Paese che vai nome che trovi per il dolce probabilmente più tipico di Carnevale che noi mantovani chiamiamo “lattughe”. Forse il nome più diffuso in Italia è chiacchiere, ma in Piemonte si chiamano bugie o gale, nella vicina Emilia Romagna vengono definite intrigoni, sprelle o sfrappole, in Toscana cenci, in Abruzzo e Molise cioffe e così via.
L’impasto alla base e la tecnica di cottura sono molto simili ma spesso la differenza è proprio per una piccola aggiunta, soprattutto quando questa è rappresentata dal liquore.
Ma da dove ha origine il nome “lattughe”?
Sui libri di cucina si trova, la spiegazione molto sintetica, che è perchè assomigliano a una “foglia di lattuga” o perchè quando si friggono “si allargano come se fossero delle foglie di lattuga”.
Poco convinti da queste spiegazioni abbiamo chiesto lumi allo storico mantovano Giancarlo Malacarne, direttore
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della rivista d’arte, storia e cultura “Civiltà Mantovana” e grande esperto anche della storia della cucina mantovana a cui ha dedicato alcuni libri di grande successo.
Ebbene, secondo Malacarne, l’origine della parole “lattughe” deriva dalle “gorgere“. La gorgiera era il colletto pieghettato che fece parte dell’abbigliamento aristocratico di uomini e donne tra il XVI° e il XVII° secolo e si presentò come l’evoluzione del colletto “a lattuga”.
Ecco dunque che, dalla moda delle ricche corti della nobilità” la parola si trasferì poi nel gergo più popolare e finì anche in quello culinario, per attraversare i secoli e arrivare sino ai nostri giorni.
E del resto, se parliamo di intramontabilità
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nel tempo di lattughe o chiacchiere o come si preferisca chiamarle, basti pensare che tutte hanno un antenato comune che riporta addirittura all’antica Roma e alla festa dei Saturnali, una celebrazione molto simile al nostro Carnevale che vedeva banchetti e feste popolari in cui non mancavano mai le “frictilia”. Queste erano dolci fritti nel grasso di maiale e distribuiti alla folla fra le strade della città.
A dirci che le frictilia erano proprio le antenate delle lattughe ci ha pensato Marco Gavio Apicio che, nel suo ricettario “De re coquinaria” del I secolo d.C., descrive le frictilia come “frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”. Con il tempo l’olio ha sostituito lo strutto, ma è chiaro che gli antichi dolci romani condividano molto di quelli che oggi gustiamo a Carnevale.