MANTOVA – Non solo la regina del giallo, ma anche una donna capace di riscrivere le regole del Novecento. Oggi pomeriggio, Bianca Pitzorno e Luca Crovi hanno guidato il pubblico del Festivaletteratura nel cuore dell’universo christiano.
L’incontro, ospitato nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria, era parte del focus “Christie e i suoi clan”, dedicato all’eredità letteraria e personale di Agatha Christie. Al centro del dialogo, l’autobiografia “La mia vita”, scoperta da Pitzorno “tardi” (a quarant’anni ndr) e definita «un diario sentimentale pieno di omissioni volute e scelte di libertà».
Un libro che racconta, tra le righe, come Christie abbia saputo costruire un’identità solida in un secolo attraversato da guerra, lutti, separazioni e trasformazioni culturali. «Scriveva con una semplicità disarmante – ha spiegato Pitzorno –. Nei suoi romanzi e nelle sue memorie non c’è mai un aggettivo di troppo, mai una parola fuori posto. È come se raccontasse una lista della spesa. Eppure ogni riga ha dentro il mondo».
Amante dei dettagli, maestra nella naturalezza dei dialoghi («difficilissimi per uno scrittore», Crovi), soprattutto nei momenti di forte tensione. Tra i tanti volti emersi ieri: l’Agatha che viaggia da sola in Medio Oriente, che impara a fotografare i reperti, che crea atmosfere perfette, amante della panna montata («Ne era golosissima» – precisa Pitzorno) e delle filastrocche per bambini: molte delle sue storie partono da rime per bambini, cifra narrativa usata anche da Lewis Carroll in “Alice nel Paese delle Meraviglie”. «La rima è l’attesa del ritorno», ha detto Pitzorno. Una scrittrice che alla fine ha potuto dire: «Sono contenta. Ho fatto quello che volevo».
Antonia Bersellini Baroni