Al-Zawahiri, retroscena sul raid che ha ucciso il leader al-Qaeda

Il destino di Ayman al-Zawahiri, leader di al-Qaeda dalla morte del suo fondatore Osama bin Laden, è stato deciso una settimana fa. E’ il 25 luglio il giorno in cui il presidente americano Joe Biden, in isolamento dopo essere stato contagiato dal Covid-19, ha dato il via libera al raid di precisione, da effettuare con un drone, per eliminare il medico egiziano che è stato la mente degli attentati dell’11 settembre contro le Torri Gemelle di New York, secondo la ricostruzione dei media americani.

Ma Biden conosceva da aprile il nascondiglio di al-Zawahiri, se così si può chiamare, nella zona residenziale di Kabul dal quale non era mai uscito dopo il suo arrivo. A tradirlo è stata la sua abitudine di trascorrere ore sul balcone di casa, dove domenica mattina ora di Kabul è stato colpito da un drone che, assicurano gli americani, non ha causato vittime civili. Per evitarlo, garantendo la massima precisione nel raid, l’intelligence di Washington ha costruito un modellino della casa dove al-Zawahiri si era trasferito da qualche mese, dopo il ritiro degli americani un anno fa e la salita al potere dei Talebani.

Dopo essere stato informato per la prima volta ad aprile sul luogo dove si trovava il leader di al-Qaeda, Biden ha ricevuto aggiornamenti di intelligence a maggio e a giugno. Il primo luglio c’è stato anche un briefing nella Situation Room insieme ai principali funzionari della sicurezza nazionale.

Attorno a un tavolo erano seduti con Biden il direttore della Cia Bill Burns, il direttore dell’intelligence nazionale Avril Haines, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il suo vice Jon Finer e il consigliere per la sicurezza interna Liz Sherwood Randall. Perché solamente ”un gruppo piccolo e molto selezionato” nelle agenzie chiave era a conoscenza dei piani. Un alto funzionario Usa ha descritto un Biden ”molto attento” ai dettagli durante la riunione di luglio, “particolarmente concentrato nel garantire che venisse compiuto ogni passo per garantire che l’operazione riducesse al minimo il rischio” di vittime civili. Quello stesso pomeriggio il presidente americano è volato a Camp David, mentre nella Situation Room alla Casa Bianca si continuava a lavorare ai dettagli del raid secondo le indicazioni di Biden. In parallelo, un team di avvocati analizzava la base giuridica dell’operazione.

Il via libera per ”un attacco aereo di precisione su misura” è stato dato da Biden il 25 luglio, mentre si trovava in isolamento nella sua residenza dopo essere risultato positivo al coronavirus. Qui ha riunito la sua squadra per un briefing finale, ha esaminato in dettaglio il piano e chiesto rassicurazioni aggiuntive per evitare vittime civili, analizzando quali stanze ci fossero dietro ognuna delle finestre della casa. Ha chiesto il parere di ogni ufficiale e alla fine ha dato la sua autorizzazione. Cinque giorni dopo due missili Hellfire hanno colpito il balcone sul quale si trovava al-Zawahiri alle 21.48 ora di Washington, mentre sono rimasti illesi i suoi familiari che si trovavano in altre zone della casa. Biden, ancora in isolamento, è stato informato dell’operazione dall’inizio alla fine.

Era da mesi che i funzionari americani avevano individuato la rete di supporto al leader terroristico nella capitale afghana ed erano stati identificati la moglie e i figli di al-Zawahiri. I percorsi alternativi che usavano per non farsi scoprire, per evitare di essere seguiti fino al nascondiglio, non sono serviti. Con il passare dei mesi i funzionari dell’intelligence americana sono riusciti a individuare gli ‘schemi’ usati dai familiari del leader terrorista e a constatare come amasse trascorrere molto del suo tempo in balcone.

Lo studio che l’intelligence americana ha effettuato sul modellino della casa dove viveva al-Zawihiri aveva come obiettivo quello di evitare che l’intero edificio crollasse nel raid. Perché, come scrive la Cnn, per Biden era molto importante evitare la morte di civili nell’attacco, compresi i familiari del terrorista più ricercato al mondo e coloro che vivevano con lui. A rendere ancora più difficile questo obiettivo era la collocazione dell’edificio, in una zona residenziale esclusiva nel quartiere di Shirpur nel centro di Kabul con il rischio che altre abitazioni venissero colpite.

(adnkronos.it)

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