ROMA (ITALPRESS) – “Le prospettive di incremento lavorativo sono tante, direi tantissime. Insieme alla ministra Cartabia stiamo sperimentando anche ipotesi innovative, e se la pandemia rallenta la sua morsa, ne sentiremo presto parlare. Questo da Nord a Sud.
Fermo il discorso che se si riuscisse a far lavorare tutti i detenuti, i problemi della realtà penitenziaria ne risentirebbero in positivo». Così il direttore delle carceri italiane, Bernardo Petralia in una intervista a La Repubblica commenta il dato del 2021 per cui 15.827 detenuti lavorano.
«A Rebibbia una decina e più di detenuti fanno un lavoro di alta specializzazione e umanità. Gestiscono il call center dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. La rigenerazione di modem della Linkem che escono come nuovi dal carcere di Lecce e da Rebibbia femminile. Posso rivelare che i manager dell’azienda mi hanno confessato che questa manodopera è di gran lunga superiore a quella esterna. Poi la bonifica del parco Rogoredo di Milano. E la pulizia dei giardini e delle coste dell’isola di Favignana».
Per quel che riguarda l’emergenza Covid in carcere Peralia spiega: “Quest’ennesima ondata, purtroppo, colpisce pure le carceri, dove abbiamo però anche percentuali altissime di vaccinazione: al momento le dosi sono oltre 95mila.
Grazie ai protocolli con le Asl e al pressing continuo sulle Regioni ci sono pochissimi sintomatici e qualche ricoverato, poichè tutti gli altri sono asintomatici».
Il 2021 sarà ricordato come l’anno dei detenuti picchiati a Santa Maria Capua Vetere e degli agenti violenti arrestati.
«Quello che io chiamo un tradimento della divisa si è scoperto grazie alla scrupolosa attività di un magistrato di sorveglianza. Da quella vicenda è scaturito un nostro rigore estremo, anche per scongiurare il rischio di un trascinamento in questa vergogna dell’intero corpo della Polizia penitenziaria che invece dà continui segni di essere sano».
E sulla situazione generale della vita nelle carceri: “Non dimentichiamo mai che sono luoghi di prigionia. E uso apposta questo antico termine che fa comprendere come lì si venga tristemente privati del bene prezioso della libertà. Quando vinsi il concorso in magistratura, mio suocero penalista mi disse che per ogni toga sarebbe utile vivere per qualche settimana la vita del carcere. Adesso capisco fino in fondo quelle parole» conclude.
(ITALPRESS).
Fermo il discorso che se si riuscisse a far lavorare tutti i detenuti, i problemi della realtà penitenziaria ne risentirebbero in positivo». Così il direttore delle carceri italiane, Bernardo Petralia in una intervista a La Repubblica commenta il dato del 2021 per cui 15.827 detenuti lavorano.
«A Rebibbia una decina e più di detenuti fanno un lavoro di alta specializzazione e umanità. Gestiscono il call center dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. La rigenerazione di modem della Linkem che escono come nuovi dal carcere di Lecce e da Rebibbia femminile. Posso rivelare che i manager dell’azienda mi hanno confessato che questa manodopera è di gran lunga superiore a quella esterna. Poi la bonifica del parco Rogoredo di Milano. E la pulizia dei giardini e delle coste dell’isola di Favignana».
Per quel che riguarda l’emergenza Covid in carcere Peralia spiega: “Quest’ennesima ondata, purtroppo, colpisce pure le carceri, dove abbiamo però anche percentuali altissime di vaccinazione: al momento le dosi sono oltre 95mila.
Grazie ai protocolli con le Asl e al pressing continuo sulle Regioni ci sono pochissimi sintomatici e qualche ricoverato, poichè tutti gli altri sono asintomatici».
Il 2021 sarà ricordato come l’anno dei detenuti picchiati a Santa Maria Capua Vetere e degli agenti violenti arrestati.
«Quello che io chiamo un tradimento della divisa si è scoperto grazie alla scrupolosa attività di un magistrato di sorveglianza. Da quella vicenda è scaturito un nostro rigore estremo, anche per scongiurare il rischio di un trascinamento in questa vergogna dell’intero corpo della Polizia penitenziaria che invece dà continui segni di essere sano».
E sulla situazione generale della vita nelle carceri: “Non dimentichiamo mai che sono luoghi di prigionia. E uso apposta questo antico termine che fa comprendere come lì si venga tristemente privati del bene prezioso della libertà. Quando vinsi il concorso in magistratura, mio suocero penalista mi disse che per ogni toga sarebbe utile vivere per qualche settimana la vita del carcere. Adesso capisco fino in fondo quelle parole» conclude.
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