ROMA (ITALPRESS) – E’ un “cambio di marcia” deciso, quello che invoca il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, nel Pd, che considera troppo “accondiscendente” e “rassegnato” verso gli alleati 5 Stelle; e nel governo, dove vorrebbe vedere ministri Dem nei ruoli chiave per il lavoro e lo sviluppo. Per questo il primo cittadino Dem, in un’intervista a la Repubblica, ribadisce le critiche all’attuale linea del partito e indica la necessità di un congresso. Il prima possibile: “Perchè in autunno potrebbe essere troppo tardi per salvare il Paese”.
“Ho simpatia e stima personale nei confronti di Zingaretti, e nessun pregiudizio – spiega -. Non voglio affatto personalizzare la questione. Osservo però la difficoltà del Pd a essere una forza davvero riformista. Riforma della pubblica amministrazione, della giustizia, fiscale: da quanto ne parliamo? Il segretario coltiva l’unità, e io sono per l’unità, ma la concordia non può essere nè un feticcio nè un fine ultimo. E non può sequestrare il dibattito interno. Nessuno auspica un voto adesso, ma non possiamo accontentarci”. “Non credo d’essere il solo a pensare che serve un cambio di marcia e che si debba spingere sul lavoro – aggiunge -. E’ un punto di vista molto diffuso tra i militanti e gli elettori del Nord”. “Dovremmo essere il partito del lavoro, il punto di riferimento dei lavoratori, degli operai e degli imprenditori, dei precari e delle partite Iva, delle donne e dei giovani, e non lo siamo”, sottolinea Gori.
(ITALPRESS).
“Ho simpatia e stima personale nei confronti di Zingaretti, e nessun pregiudizio – spiega -. Non voglio affatto personalizzare la questione. Osservo però la difficoltà del Pd a essere una forza davvero riformista. Riforma della pubblica amministrazione, della giustizia, fiscale: da quanto ne parliamo? Il segretario coltiva l’unità, e io sono per l’unità, ma la concordia non può essere nè un feticcio nè un fine ultimo. E non può sequestrare il dibattito interno. Nessuno auspica un voto adesso, ma non possiamo accontentarci”. “Non credo d’essere il solo a pensare che serve un cambio di marcia e che si debba spingere sul lavoro – aggiunge -. E’ un punto di vista molto diffuso tra i militanti e gli elettori del Nord”. “Dovremmo essere il partito del lavoro, il punto di riferimento dei lavoratori, degli operai e degli imprenditori, dei precari e delle partite Iva, delle donne e dei giovani, e non lo siamo”, sottolinea Gori.
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