ROMA (ITALPRESS) – La levodopa è da più di 50 anni il trattamento sintomatico d’elezione della malattia di Parkinson: la sua efficacia sui sintomi motori ha tuttavia oscurato la capacità di comprendere appieno gli aspetti relativi al suo meccanismo d’azione, l’efficacia differenziale sui sintomi motori, l’evoluzione delle complicanze motorie e, paradossalmente, anche la durata del suo effetto. Proprio quest’ultimo è stato oggetto dello studio sulla popolazione africana appena pubblicato sulla prestigiosa Rivista scientifica “Brain”, realizzato dai Ricercatori della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e del Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO in collaborazione con neurologi e altri medici locali.
“Questo studio nasce da un’attività che stiamo sostenendo da quasi 15 anni nell’Africa subsahariana. Attualmente La Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson segue circa 800 pazienti fra Ghana e Zambia. Quest’impegno ci ha permesso di osservare l’evoluzione naturale della malattia e la sua interazione con la terapia in pazienti non trattati anche per più di 20 anni – dichiara Gianni Pezzoli, Presidente Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson -. Il modello naturale di progressione della malattia di Parkinson è infatti fino a oggi in gran parte sconosciuto perchè i pazienti, nel mondo occidentale, sono sempre trattati farmacologicamente; così come è rimasta sconosciuta la vera ampiezza della risposta di lunga durata alla levodopa, perchè poteva essere stimata solo indirettamente nei pazienti trattati”.
Lo Studio ha coinvolto 30 pazienti con Malattia di Parkinson dell’Africa subsahariana (con un’età media di circa 60 anni e in uno stato molto avanzato di malattia) trattati con levodopa dopo circa 7 anni dall’insorgenza della patologia. L’osservazione è durata 2 anni (in un sottogruppo fino a 4 anni) dopo l’inizio della terapia durante i quali i pazienti sono stati sottoposti a visite di controllo a cadenza annuale per indagare gli effetti della levodopa sulla progressione della disabilità motoria nello stato di terapia OFF naturale (vale a dire durante lo stato di non efficacia della levodopa) e per confrontare le condizioni di malattia e il corso naturale dei sintomi senza trattamento farmacologico in pazienti mai trattati prima.
“Con questo studio abbiamo potuto osservare che il trattamento farmacologico determina un beneficio persistente, anche a distanza di 12 ore dall’ultima dose (definito ‘overnight-OFF’), anche nelle fasi più avanzate di malattia – dichiara Roberto Cilia, Neurologo presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e Principale investigatore -. Conseguentemente, grazie a quella che nel nostro studio definiamo risposta di lunga durata alla levodopa (long duration response), la disabilità motoria era risultata notevolmente meno grave rispetto al naturale decorso della malattia. Abbiamo inoltre notato che l’entità della risposta di lunga durata della levodopa nel periodo di off varia tra il 60 e il 65 per cento il beneficio motorio totale fornito dal trattamento giornaliero con levodopa indipendentemente dalla durata della malattia”.
(ITALPRESS).
“Questo studio nasce da un’attività che stiamo sostenendo da quasi 15 anni nell’Africa subsahariana. Attualmente La Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson segue circa 800 pazienti fra Ghana e Zambia. Quest’impegno ci ha permesso di osservare l’evoluzione naturale della malattia e la sua interazione con la terapia in pazienti non trattati anche per più di 20 anni – dichiara Gianni Pezzoli, Presidente Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson -. Il modello naturale di progressione della malattia di Parkinson è infatti fino a oggi in gran parte sconosciuto perchè i pazienti, nel mondo occidentale, sono sempre trattati farmacologicamente; così come è rimasta sconosciuta la vera ampiezza della risposta di lunga durata alla levodopa, perchè poteva essere stimata solo indirettamente nei pazienti trattati”.
Lo Studio ha coinvolto 30 pazienti con Malattia di Parkinson dell’Africa subsahariana (con un’età media di circa 60 anni e in uno stato molto avanzato di malattia) trattati con levodopa dopo circa 7 anni dall’insorgenza della patologia. L’osservazione è durata 2 anni (in un sottogruppo fino a 4 anni) dopo l’inizio della terapia durante i quali i pazienti sono stati sottoposti a visite di controllo a cadenza annuale per indagare gli effetti della levodopa sulla progressione della disabilità motoria nello stato di terapia OFF naturale (vale a dire durante lo stato di non efficacia della levodopa) e per confrontare le condizioni di malattia e il corso naturale dei sintomi senza trattamento farmacologico in pazienti mai trattati prima.
“Con questo studio abbiamo potuto osservare che il trattamento farmacologico determina un beneficio persistente, anche a distanza di 12 ore dall’ultima dose (definito ‘overnight-OFF’), anche nelle fasi più avanzate di malattia – dichiara Roberto Cilia, Neurologo presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e Principale investigatore -. Conseguentemente, grazie a quella che nel nostro studio definiamo risposta di lunga durata alla levodopa (long duration response), la disabilità motoria era risultata notevolmente meno grave rispetto al naturale decorso della malattia. Abbiamo inoltre notato che l’entità della risposta di lunga durata della levodopa nel periodo di off varia tra il 60 e il 65 per cento il beneficio motorio totale fornito dal trattamento giornaliero con levodopa indipendentemente dalla durata della malattia”.
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