ALBA (CUNEO) (ITALPRESS) – “Chi nasce oggi, ha il 50% di possibilita’ di vivere fino a 100 anni. Entro la fine di questo secolo arriveremo al punto di rottura, quando l’aspettativa di vita potrebbe arrivare fino a 120 anni. Oltre non si potra’ andare. Ma piu’ che l’eta’ media, contera’ come ci si arriva. La scienza, le evidenze che oggi abbiamo in mano, ci dimostrano che saremo in grado di spostare sempre piu’ in avanti il momento in cui le condizioni di salute diventeranno critiche”. A dirlo e’ Luigi Ferrucci, direttore scientifico del National Institute on Aging di Baltimora negli Stati Uniti, parlando a margine del convegno ‘Invecchiamento di successo 2019: Body and Mind Connection’ organizzato da oggi a sabato dalla Fondazione Ferrero. “L’eta’ media infatti si allunghera’ relativamente di poco, ma arriveremo a ‘morire con gli stivali ai piedi’ come dicevano i cowboy. Recentemente, è stato possibile quantificare la funzionalità di alcuni dei meccanismi dell’invecchiamento biologico nell’uomo. I più studiati e promettenti sono le modificazioni epigenetiche, la senescenza cellulare e il funzionamento dei mitocondri. In tutti e tre i casi, le misure ad oggi disponibili sono complesse e limitate, ma tutto fa pensare che l’utilizzazione clinica non sia lontana” aggiunge Ferrucci. Si arrivera’ quindi a distribuire un Viagra per fermare l’invecchiamento? Secondo Ferrucci no, l’approccio riguardera’ l’intera vita biologica di ognuno di noi, con monitoraggio dei valori fondamentali costante.
Non c’e’ quindi un principio attivo scatenante, che determina un invecchiamento migliore o peggiore, ma un insieme di fattori che puo’ dare risultati radicalmente diversi. E’ proprio quanto la Fondazione Ferrero, con l’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore, ha dimostrando studiando un campione di cittadini anziani di Alba, nel cuneese. Lo studio ‘Invecchiamento di successo’, presentato oggi, ha riguardato dal 2010 un campione di 969 persone, suddivise tra due campione equivalenti composti da 502 pensionati dell’azienda che partecipano attivamente alle iniziative della Fondazione, e altri 467 anziani che non frequentano la fondazione e non hanno mai lavorato in Ferrero. I risultati sono evidenti: gli ex dipendenti Ferrero sono piu’ longevi, con un tasso di sopravvivenza superiore del 9% rispetto a chi non lavorava nell’azienda cuneese. Non solo, gli ex dipendenti Ferrero sono piu’ sani, hanno migliori indicatori sanitari, e quindi anche minori accessi alle strutture ospedaliere, e quindi generano un costo sociale inferiore. Guardando invece, tra gli anziani Ferrero, e suddividendoli tra coloro che frequentano o meno le attivita’ proposte dalla Fondazione, per quanto riguarda malattie croniche, obesità, diabete, dislipidemie, ipertensione, malattie dell’apparato respiratorio, invalidità a 90 anni solo nel 4% dei casi si registra uno stato di salute non buono, contro il 16% di chi invece non le frequenta.
Un elisir di lunga vita? Secondo l’istituzione cuneese, per vivere meglio e di piu’ basta promuovere oltre allo stato di salute, utile a prevenire la malattia, l’attività fisica e soprattutto le capacità mentali, esercitate sia attraverso attività ricreativo-creative, sia attraverso relazioni sociali, espresse attraverso il volontariato e lo svolgimento di attività produttive.
(ITALPRESS).
Non c’e’ quindi un principio attivo scatenante, che determina un invecchiamento migliore o peggiore, ma un insieme di fattori che puo’ dare risultati radicalmente diversi. E’ proprio quanto la Fondazione Ferrero, con l’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore, ha dimostrando studiando un campione di cittadini anziani di Alba, nel cuneese. Lo studio ‘Invecchiamento di successo’, presentato oggi, ha riguardato dal 2010 un campione di 969 persone, suddivise tra due campione equivalenti composti da 502 pensionati dell’azienda che partecipano attivamente alle iniziative della Fondazione, e altri 467 anziani che non frequentano la fondazione e non hanno mai lavorato in Ferrero. I risultati sono evidenti: gli ex dipendenti Ferrero sono piu’ longevi, con un tasso di sopravvivenza superiore del 9% rispetto a chi non lavorava nell’azienda cuneese. Non solo, gli ex dipendenti Ferrero sono piu’ sani, hanno migliori indicatori sanitari, e quindi anche minori accessi alle strutture ospedaliere, e quindi generano un costo sociale inferiore. Guardando invece, tra gli anziani Ferrero, e suddividendoli tra coloro che frequentano o meno le attivita’ proposte dalla Fondazione, per quanto riguarda malattie croniche, obesità, diabete, dislipidemie, ipertensione, malattie dell’apparato respiratorio, invalidità a 90 anni solo nel 4% dei casi si registra uno stato di salute non buono, contro il 16% di chi invece non le frequenta.
Un elisir di lunga vita? Secondo l’istituzione cuneese, per vivere meglio e di piu’ basta promuovere oltre allo stato di salute, utile a prevenire la malattia, l’attività fisica e soprattutto le capacità mentali, esercitate sia attraverso attività ricreativo-creative, sia attraverso relazioni sociali, espresse attraverso il volontariato e lo svolgimento di attività produttive.
(ITALPRESS).