La violenza contro le donne resta un fenomeno diffuso e spesso sottovalutato, anche nei luoghi di lavoro. Secondo una recente ricerca della Cisl Lombardia, condotta su 428 aziende che impiegano oltre 336 mila lavoratori, nel 63,6% delle imprese non esiste alcuna misura di prevenzione contro molestie e violenze, nel 52,5% non vengono nemmeno valutate nel Documento di valutazione dei rischi e nel 49,1% manca un clima favorevole alla denuncia. Nel 2023, inoltre, l’Inail ha registrato 6.813 casi di aggressioni o minacce riconosciute come infortunio sul lavoro, con un aumento dell’8,6% rispetto all’anno precedente. Tra le donne la crescita è stata ancora più marcata (+14,6 %). A dare una dimensione in generale della violenza nei confronti del genere femminile, anche il dato (non riferito soltanto ai luoghi di lavoro) del Centro Aiuto alla Vita mantovano, che ha ricevuto le chiamate di 150 donne.
In questo contesto si è svolto l’incontro “Non tutte le ferite si vedono: la violenza nelle nuove povertà”, organizzato oggi dalla Cisl Asse del Po, con l’obiettivo di riconoscere e prevenire le forme di violenza meno visibili, in particolare quella economica, strettamente legata alle fragilità sociali e al lavoro povero.
In apertura Giusy Amadasi, coordinatrice Politiche di Genere FNP Pensionati Cisl Asse del Po, ha sottolineato l’importanza del dialogo tra generazioni: «I pensionati non devono sentirsi colpevolizzati e i giovani non devono sentirsi abbandonati: serve empatia reciproca». Amadasi ha ricordato che la violenza economica «colpisce anche chi ha istruzione o reddito, alimentata da precarietà e differenze salariali».
Valentina Cherubini, coordinatrice Politiche di Genere Cisl Asse del Po, ha spiegato il gender pay gap in modo semplice: «Significa che, a parità di lavoro, molte donne guadagnano meno degli uomini. Questo, insieme ai part-time involontari, alimenta le nuove povertà». E ha aggiunto che la povertà «è anche meno libertà di scelta e meno autonomia».
Il quadro dei territori è stato descritto da Manuela Daolio, vicedirettrice Caritas di Mantova: 2.948 nuclei familiari seguiti nel 2024, pari a circa 10mila persone. Oltre un quarto non ha reddito, mentre quasi il 66% vive con un solo stipendio, spesso insufficiente: è il cosiddetto lavoro povero, cioè, avere un’occupazione che non permette una vita dignitosa. Preoccupa anche il sovraindebitamento, in aumento. «Sono la sotto-occupazione e il lavoro povero a spingere tanti nuclei verso la fragilità», ha spiegato Daolio. La Caritas ha anche attivato da anni un progetto di microcredito denominato Proximis: il 52% di chi accede al servizio nel Mantovano è donna.
Don Pierluigi Codazzi, direttore Caritas di Cremona, ha evidenziato la necessità di una rete territoriale più forte e continuativa: «La solitudine cresce, soprattutto tra i giovani. Da soli non ce la facciamo: servono alleanze stabili». Codazzi ha spiegato che “spezzare le catene” della povertà educativa e sociale significa evitare che le stesse condizioni di fragilità si trasmettano da una generazione all’altra, creando percorsi che diano ai ragazzi possibilità reali di riscatto, nuovi orizzonti e strumenti per costruire un futuro diverso. «Interrompere la catena della povertà educativa è un obiettivo che dobbiamo porci insieme», ha aggiunto.
Il valore dell’autonomia economica come antidoto alla violenza è stato al centro dell’intervento di Dino Perboni, segretario regionale USR Cisl Lombardia, che ha illustrato il Protocollo regionale per l’educazione finanziaria, firmato da Cisl, FNP, Adiconsum, IAL e altri soggetti. Il documento intende diffondere competenze economiche di base tra giovani, lavoratori e persone fragili: «Più competenze significa più autonomia, più capacità di gestire il futuro, meno rischio di indebitamento e truffe».
Ha portato il suo contributo anche Simona Angioletti, Coordinatrice Politiche di Genere FNP Cisl Lombardia, richiamando la necessità di rafforzare l’autonomia finanziaria delle donne come strumento fondamentale di prevenzione: «Una delle forme più subdole di violenza è la privazione della libertà economica, quando una donna non può gestire le proprie risorse o deve dipendere da qualcun altro per le spese quotidiane». Per questo ha sottolineato l’importanza di investire in educazione finanziaria, affinché ogni persona possa acquisire conoscenze utili a fare scelte autonome e a uscire da situazioni di controllo o abuso. Durante il confronto è emersa la necessità di rafforzare il dialogo con le comunità straniere, spesso più esposte alle fragilità economiche. La Cisl ha ricordato di disporre degli strumenti per intercettare bisogni, informare, orientare e favorire l’integrazione attraverso la propria rete di servizi, mediatori culturali e presenza sul territorio.
In chiusura, Cesira Chittolini, segretaria generale FNP Cisl Asse del Po, e Patrizia Rancati, segretaria UST Asse del Po, hanno ricordato che il lavoro realizzato oggi non deve rimanere un episodio, ma diventare un percorso stabile di comunità, capace di unire ascolto, formazione e prossimità.















