Gli imprenditori italiani stanno manifestando una crescente preoccupazione, non solo per gli effetti deleteri che l’introduzione dei dazi imposta dall’amministrazione Trump potrebbe avere sulle nostre esportazioni, ma soprattutto per l’impennata dei costi energetici, che rischiano di arrecare un danno economico all’intero sistema imprenditoriale italiano. Lo dichiara l’Ufficio studi della Cgia di Mestre. Se quest’anno il prezzo medio del gas dovesse attestarsi sui 50 euro al MWh, l’Ufficio studi stima un aggravio rispetto l’anno scorso di 14 miliardi di euro.
Inoltre, è importante considerare che il combinato disposto di queste due problematiche potrebbe addirittura condurre l’economia italiana verso una fase di stagflazione. Qualora questo scenario dovesse materializzarsi, ci troveremmo di fronte a una situazione particolarmente critica. Fino a quando i dazi non saranno ufficialmente introdotti, nessuno è in grado di stimare quanto penalizzeranno le nostre vendite negli Stati Uniti. Il Paese a stelle e strisce rappresenta il secondo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, con un valore annuale prossimo ai 70 miliardi di euro, pari al 10,7% dell’intero export nazionale.
In particolare, le categorie merceologiche maggiormente esportate negli Usa includono macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici/farmaceutici, alimentari/bevande, tessile, abbigliamento e calzature; tali voci costituiscono circa i due terzi delle vendite totali nel mercato statunitense. Il numero degli operatori commerciali italiani attivi negli Stati Uniti è relativamente contenuto, ammontando a poco meno di 44mila unità. A questo dato si devono aggiungere le imprese dell’indotto non contabilizzate nelle statistiche Istat.
Per quanto riguarda i rincari energetici, come nei primi anni post-Covid, potremmo assistere a un’impennata dei prezzi del gas e dell’energia capace di generare spirali inflazionistiche molto pericolose, facendo crollare i consumi interni, che sono il pilastro portante su cui si basa la nostra economia. A livello regionale, visto che la maggioranza delle attività produttive e commerciali sono al Nord, i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno, in particolare, le aree che presentano i consumi maggiori: vale a dire la Lombardia, con un aggravio di 3,2 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi, il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2. Sull’incremento di costo previsto per quest’anno, che a livello nazionale dovrebbe essere pari a 13,7 miliardi, 8,8 miliardi (pari al 64% del totale) saranno in capo alle aziende settentrionali.
Difendere i consumi e spendere bene tutti soldi del Pnrr Per scongiurare questa situazione così complessa cosa dobbiamo fare? “Sperando nella “clemenza” del Presidente Trump, per contrastare efficacemente il rallentamento economico in corso, in primo luogo dobbiamo evitare il crollo dei consumi interni, obbiettivo che potrebbe non essere conseguito se l’inflazione dovesse tornare a crescere. Pertanto, è necessario introdurre a livello europeo un tetto al prezzo del gas che andrebbe a smorzare qualsiasi spinta speculativa. In
secondo luogo è necessario spendere bene ed entro la scadenza (31 agosto 2026) le risorse del Pnrr ancora a nostra disposizione; praticamente 130 miliardi di euro. Secondo la BCE, l’utilizzo di tutti i prestiti e le sovvenzioni che ci sono stati erogati da Bruxelles farà
aumentare in via permanente il nostro Pil nello scenario migliore dell’1,9 per cento fino al 2026 e dell’1,5 per cento fino al 2031 rispetto a un Pil senza questi speciali sostegni post-pandemici” dichiarano dalla Cgia.