MANTOVA – Il passaggio generazionale nelle imprese familiari è un tema cruciale per il mondo agricolo e per l’intero tessuto produttivo. Un argomento importante, che è stato ampiamente sviscerato e dibattuto, nel secondo incontro di Coldiretti Mantova per il ciclo “Generazioni – Dialoghi sul cambiamento” tenutosi ieri nella Sala dei Cavalli di Palazzo Te.
Il confronto ha visto dialogare Franco Cesaro, fondatore e consulente dello studio Cesaro & Associati (sedi a Verona, Trento e Brescia), e Giuseppe Ruffini, direttore di Coldiretti Mantova. Per i saluti istituzionali sono intervenuti Giovanni Pasetti, presidente della Fondazione Palazzo Te; Carlo Bottani, presidente della Provincia; il Prefetto Roberto Bolognesi; Fabio Mantovani, presidente di Coldiretti Mantova; e Leonardo Minelli, in rappresentanza dell’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Beduschi.
Il presidente di Coldiretti Mantova, Fabio Mantovani, introducendo l’evento ha richiamato l’urgenza per il settore agricolo: «Abbiamo capito che probabilmente nei prossimi anni resteremo con un patrimonio di aziende che si taglierà della metà». Per questo occorre «intercettare i passaggi generazionali per accompagnare meglio le nostre imprese, per avere contraccolpi minori sulla famiglia, sull’azienda e sulla nostra economia». Mantovani lancia anche un monito sociale: «Serve un patto di società. Vedo giovani agricoltori che scelgono di vivere la vita in altro modo».
Cesaro ha aperto con una cornice chiara: «Quando c’è coesione della famiglia si può gestire al meglio il cambiamento». Ma, avverte, occorre agire per tempo: «Soprattutto pensandoci prima, perché non è mai troppo presto per cominciare questo percorso». Non tanto un “passaggio”, quanto una “convivenza»: «Più che di passaggio generazionale è meglio parlare di convivenza fra generazioni diverse, sia nelle famiglie che nelle imprese». Il cuore del ragionamento affronta i conflitti, spesso invisibili: «I familiari si massacrano e chi ne paga pegno è il territorio». Da qui il tema della responsabilità: «Fare impresa è bello. E ancora di più, fare famiglia è bello», ma la paura – dei debiti, delle scelte sbagliate, di non essere all’altezza – frena i giovani, che «spesso decidono di rimanere dipendenti» o di non costruire un nucleo familiare: «La paura che il matrimonio vada male». Cesaro ha ricordato che lo studio ha seguito «più di 700 famiglie che hanno imprese in 40 anni di attività». Il nodo resta sempre lo stesso: «Il vero problema è la capacità di gestire il conflitto: mai in termini distruttivi, ma sempre in termini generativi». Anche la Bibbia, ha ricordato, mostra che «non è eliminando una persona diversa da te che risolvi il problema: te ne crei un altro». Da qui un concetto centrale: «La pedagogia del conflitto è uno degli elementi fondamentali: educarci per educare». Precedente alla testimonianza di Cesaro c’è stato anche un passaggio personale: il ritratto dedicato della figlia, che ha mostrato la dimensione umana della consulenza: «Mio padre è uomo di libertà: Quella libertà che è in grado di legittimare chi ha accanto ad essere ciò che è».
Tra i punti ricorrenti emersi nel lavoro di consulenza, la domanda relativa ai protagonisti del passaggio generazionale. Primo: il ruolo delle donne. «L’esperienza più importante per noi è relativa al comportamento delle donne: sono centrali, sono quelle che salvano tutto o fanno saltare tutto. Le protagoniste più importanti sono le donne». Secondo: «le alleanze», dentro e fuori le famiglie e le aziende. Terzo: il ruolo delle «associazioni» come «luogo di ascolto». «Gli imprenditori soffrono di un male inguaribile, quello della solitudine – ha spiegato Cesaro – e lo sportello di ascolto delle associazioni è fondamentale». E ancora: «La somma di piccole imprese alla fine è una grande impresa». Infine, la «fiducia», «base delle decisioni dell’imprenditore». Cesaro ha ricordato che la collaborazione tra sistema agricolo, enti e istituzioni «è indispensabile per sostenere il cambiamento». Sul piano della gestione del conflitto ha delineato alcuni valori fondanti: «La cultura del lavoro, l’etica del lavoro, il valore etico e morale del denaro, la cultura dell’impresa, il rapporto famiglia/impresa e il rapporto con il territorio». Il confronto si è chiuso con un’indicazione concreta ai giovani, sollecitata dal responsabile Giovani Impresa Coldiretti Mantova, Diego Remelli: costruire alleanze attraverso la narrazione. «Bisogna parlare tra giovani, bisogna parlare tra vecchi, bisogna parlare tra vecchi e giovani». Perché nella narrazione «nascono le alleanze». E la sintesi finale: «Lavorare per tempo. Non è mai troppo presto per il cambio generazionale».
Antonia Bersellini Baroni














