11 settembre, il tempo mediatico di un dolore e vent’anni che hanno insegnato troppo poco

11 settembre, il tempo mediatico di un dolore e vent’anni che hanno insegnato troppo poco

MANTOVA – Da bambina prendevo in mano tante volte l’LP di “The Greatest Hits” di Simon & Garfunkel, e guardavo sempre la foto sul retro della copertina perché, dietro la rete sullo sfondo dei due cantanti, per me, si apriva la libertà.
Iniziava così l’editoriale che feci all’indomani dell’11 settembre 2001 in cui spiegavo la riconoscenza per l’America e quel suo mondo che qualcuno voleva dissolvere tra la polvere, rossa di sangue, delle Torri di Manhattan. Ma in quei giorni non era difficile farlo.
Erano i giorni in cui dicevamo “siamo tutti americani” e sembravamo aver perdonato le contraddizioni di un popolo che era nato, avanzando verso ovest, con la Bibbia e il Winchester, predicando una fratellanza che però doveva avere solo la pelle chiara.
Sono passati vent’anni, un’eternità per la nostra società che nel frattempo ha conosciuto i social e si è adeguata alle loro reazioni istantanee. Vent’anni in cui, al più terribile attentato della storia che in due ore spazzò via le certezze dell’Occidente, ne sono seguiti altri, con il loro carico di morte e orrore, in una guerra senza confini.
Eppure dei confini vennero tracciati, quasi nel nome di una vecchia logica per cui un nemico deve avere una patria, e proprio vent’anni dopo e migliaia di vite spezzate si è chiuso un cerchio che ha riportato quasi al punto di partenza, lasciando il potere a chi si è combattuto per due decenni, e mettendo probabilmente a tacere per sempre l’idea di una democrazia che possa essere esportata.
E del resto anche il concetto stesso di democrazia sembra abbastanza cambiato in questi vent’anni che hanno visto il mondo occidentale inchinarsi, con interesse, di fronte a una Cina che ha fatto vedere come possa esistere capitalismo senza democrazia, crescita economica senza libertà politiche, e che solo la tragedia del Covid, con il suo nemico invisibile, ha in qualche modo messo in discussione, seppur in modo molto blando.
In mezzo a tutto ciò il mondo è profondamente cambiato, così come le fondamenta su cui si è retto fino a quell’11 settembre spartiacque della storia, con quattro attacchi suicidi e quasi tremila vittime. Si diceva in quei giorni di vent’anni fa “nulla sarà più come prima” e si sperava che dai lutti di Ground zero potesse nascere un’occasione di riscatto e una politica nuova. E’durato poco, il tempo mediatico di un dolore.
Forse però quella fu proprio l’ultima volta in cui il mondo si è fermato, poi non è più accaduto, nemmeno quando i lockdown ci hanno ordinato di farlo e il Covid ci ha fatto scoprire la nostra vulnerabilità, con il nemico che è diventato il vicino che ti passa accanto.
Certo tanto l’11 settembre che la pandemia hanno rappresentato due traumi profondi per la società eppure, come dice Lawrence Wright, giornalista americano premio Pulitzer con “Le altissime torri” oggi “non abbiamo riassestato la nostra società come dopo gli attentati”, nonostante questi avessero fatto 3 mila morti contro i 3 milioni del Covid. Senz’altro siamo tutti più spaesati rispetto a vent’anni fa, da parecchio tempo, e tentiamo in tutti i modi di far si che il trauma e il dolore che stiamo vivendo non lascino traccia, senza pensare che questo è un errore ripetuto tante volte nella storia.
Anche l’America è profondamente cambiata in vent’anni: oggi è un Paese molto più diviso dove i rancori hanno esasperato gli animi creando contrapposizioni forti e alimentando forme di razzismo estremo come da decenni non si vedevano.
In questi vent’anni non ho mai smesso di amare i grattacieli di Simon & Garfunkel simbolo di un mondo che ci ha dato e può dare ancora tanto, un piccolo segno di gratitudine il mio da parte di chi, pur al di là di un oceano sa quanto deve alla bandiera con le stelle e le strisce.
Ma in questi vent’anni ci sono state troppe occasioni perdute nonostante avessimo visto un boeing sventrare i grattacieli di Manhattan e poi guerre, distruzioni e tanti, troppi morti innocenti. Sarebbe assurdo e anche molto pericoloso rimanere ancora insensibili tentando, invano, di resettare il file della storia.