PEGOGNAGA – DI RICCARDO LONARDI – A Pegognaga la liberazione avvenne il 23 aprile. Di quell’evento diversi hanno ancora vivi il ricordo. Anzi c’é ha impresso nella memoria ciò che avvenne il giorno precedente. Nazzaro Semeghini, tecnico edile a riposo, narra «Abitavo a Ponte Saino, essendo mio padre Adolfo ( socialista, che farà poi parte del CLN locale e nella coalizione Pci-Psi diverrà vicesindaco dal ’46 al ’64, n.d.r.) custode di bonifica. Il pomeriggio del 22 stavo giocando in giardino.
Ad un certo punto si sente il rombo cadenzato di una grossa moto, la mitica Guzzi, montata da uno che urlava «A Carpi ci sono gli americani!» Aveva la gobba – in quegli anni tanti avevano malformazioni -. Era conosciuto per l’appunto come ” al gob Spagèra“. Nessuno gli credette. Vigendo ancora il coprifuoco, mia madre corse a chiudere tutti gli scuretti delle finestre. All’ora di cena, eravamo già a tavola, s’udì un frastuono assordante. Da uno scuretto scostato vedemmo lunghe file di carrette di militari tedeschi trainate da cavalli, incitati con urla incomprensibili, provenienti da strada Marzette. Correvano verso Pegognaga. Terminato il tramestìo, dopo aver atteso alcune decine di minuti, uscimmo in strada con cautela. In direzione Portiolo, scorgemmo una larga fascia illuminata a giorno. Gli Alleati, dopo aver lanciato bengala, sganciarono bombe proprio su quella striscia. Puntavano a colpire i fuggiaschi.
Il mattino successivo mio padre mi sedette sulla canna della bicicletta e raggiungemmo il paese. La piazza era animata da un folla che andava crescendo, in evidente attesa. Ad un certo punto spuntò un camion con il cassone pieno di armati: erano i partigiani del posto. Tra costoro riconobbi mio cugino Ivo, padre di Gianni ( quest’ultimo diverrà il sesto di sindaco di Pegognaga, n.d.r.). Al balcone del municipio sventolava una grande bandiera tricolore, mentre dal portone apparve un uomo in sella ad un cavallo bianco. Scese i pochi gradini dell’ingresso, subito circondato dalla folla. Aveva l’aria del capo. Di certo era un partigiano».
Erminio Pirondini, dimorato a Desenzano, «Ricordo il 22 aprile in ritirata verso il Po file di tedeschi, passanti per Sacchetta, dove abitavo. Stanchi, sfiduciati, cercavano vie di fuga. Sotto il fienile di casa nostra, trovarono riparo due autocarri tedeschi, carichi di ogni ben di Dio. I soldati che li guidavano avevano saputo che a Portiolo, il ponte sul Po era stato distrutto dagli Alleati, quindi decisero di pernottare sotto il nostro fienile e attendere la resa.
Il giorno successivo, il 23, verso le 11, arrivarono i partigiani per catturare i tedeschi che per la verità dimostrarono d’essere disarmati. Furono anzi gli stessi tedeschi, per salvare le proprie vite e quelli altri commilitoni a suggerire ai partigiani di issare su un carro un lenzuolo bianco infilzato su un forcone, affinché altri gruppi partigiani non avanzassero sparando. I tedeschi furono quindi scortati a piedi verso la piazza del paese, dove furono rinchiusi nel sotterraneo della Scuola di Avviamento Professionale (oggi scuola media, n.d.r.).
Di un militare tedesco ho un ricordo commovente: mi accarezzava i capelli biondi di bambino piangendo. Sicuramente pensava di non poter più rivedere il proprio in Germania».
Riccardo Lonardi
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