94 candeline per mons. Sergio Denti, il prete che cambiò il suo destino il giorno che imparò a “fare la calce”

MANTOVA – A lui è stato affidato lo scorso 8 febbraio il taglio del nastro del nuovo reparto attrezzato con sedici posti letto della Rsa Luigi Bianchi di Mantova. E anche in quella occasione monsignor Sergio Denti contaminava i tanti presenti con la sua squisita cortesia e cordialità mixati a una vivacità di spirito davvero invidiabile.
Ma monsignor Denti di tagli di nastri nelle Rsa di Aspef ne ha fatti tanti visto che è diventato cappellano della Casa di Riposo Isabella d’Este oltre 48 anni fa. E proprio lì, dove ora anche risiede, oggi festeggia il compleanno: 94 anni splendidamente portati, con una memoria da far invidia a un ventenne e una voglia di fare che caratterizza ogni momento della sua giornata, passato tra l’attività spirituale nelle due Rsa di Aspef       (dove nemmeno l’emergenza Covid lo tiene lontano dalla chiesetta interna dove si reca da solo a pregare tutti i giorni) e l’appuntamento settimanale del giovedì in Curia dove,quando monsignore arriva, è sempre una festa.

E allora torniamo indietro di 94 primavere e arriviamo ad Asola dove Sergio nasce il 25 aprile 1926.
Gli studi fino agli anni del Seminario quando tutto si complica a causa della guerra. Addirittura nel giugno del ’44, con l’Italia del nord occupata dai tedeschi, la Repubblica Sociale chiama alle armi il primo semestre 1926 e Sergio che dice no all’arruolamento (solo in cinque seminaristi si sono arruolati) è costretto per mesi a vivere nascosto presso alcune famiglie che si prendono il rischio di ospitarlo.
Poi arriva la Liberazione, proprio nel giorno del suo 19esimo compleanno, e tutto cambia.

Il 29 giugno 1951 viene ordinato sacerdote dal vescovo Menna. Poi gli anni in parrocchia a Revere che segneranno per sempre la sua vita. Erano i primi anni ’50, l’Italia devastata dalla guerra provava a risalire la china: si ricostruivano i paesi bombardati e fu così che don Sergio, stando vicino ai muratori, apprese il mestiere.
E’ lui stesso a raccontare divertito “ho imparato a fare la calce”. Un particolare che  qualche anno più tardi segnerà il suo destino.

Nel 1955 il cardinale originario di San Benedetto Po Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, chiese all’allora giovane vescovo di Mantova Antonio Poma di potergli mandare un sacerdote a Palermo. “Servirebbe qualcuno che si intendesse di edilizia” disse in particolare Ruffini visto che anche Palermo era nel pieno della ricostruzione. Detto, fatto. Poma rispose: “Ho proprio la persona giusta”.
E così che Denti si ritrovò neanche trentenne a diventare il braccio destro del cardinale, nella realtà difficilissima della Sicilia degli anni ’50 e lì rimase tredici anni assumendo importanti incarichi nel campo edilizio religioso, nella costruzione di chiese e opere assistenziali e sociali.
Li visse anche gli anni entusiasmanti del Concilio Vaticano II, con molte trasferte a Roma, al seguito di Ruffini, fino quando nel ’68, dopo la morte del cardinale, rientrò a Mantova.

Il vescovo Carlo Ferrari pensò bene di approfittare di cotanta esperienza nel campo edilizio e nominò Denti incaricato all’edilizia di culto, quindi a seguire la costruzione delle nuove chiese della diocesi. Lo nominò anche segretario dell’Ufficio amministrativo e del Consiglio diocesano per gli affari economici.
Divenne poi canonico del Capitolo Cattedrale, cappellano di Sua Santità, direttore diocesano dell’Associazione apostolato della preghiera e consigliere della Società di mutuo soccorso tra il clero mantovano, aiuto cappellano dell’ospedale Carlo Poma.

Insomma una vita senza sosta e spesa sempre al massimo dove c’è sempre stata, come c’è tutt’ora, un’attenzione particolare per chi soffre o è in difficoltà.
Non è un caso se tanti mantovani sono legati da un affetto particolare verso monsignore la cui immagine simbolo rimane quella che lo ha caratterizzato per tanti  anni: lui che sfreccia tra le strade della città sulla sua bicicletta da cui si è separato a fatica solo negli ultimi anni.
E allora buon compleanno monsignore e un abbraccio, per ora virtuale ma a breve speriamo dal vivo, da tanti mantovani che le vogliono bene.

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