Mantova celebra la 105ª Giornata mondiale del migrante

Mantova Domenica la 105ª Giornata mondiale. Ad oggi sono una sessantina le persone
accolte dalla diocesi. Silvia Canuti, direttore di Caritas: «La carità non sia un
mero aiuto economico»

“Non si tratta solo di migranti” è il titolo scelto per la 105ª Giornata mondiale del
migrante e del rifugiato, istituita dalla Chiesa cattolica nel 1914 come occasione di
preghiera e riflessione. Quest’anno, l’evento è previsto per domenica 29 settembre.
L’iniziativa sarà vissuta anche a livello locale grazie all’impegno di diocesi di Mantova e
Caritas. Nell’aula magna del Seminario vescovile, alle 16.30, si terrà un incontro,
aperto a tutti e a ingresso libero, in cui alcune persone di origine straniera residenti in
provincia racconteranno le proprie storie. Al termine, in duomo alle 18, il vescovo
Marco Busca celebrerà la Messa, animata dalle comunità cristiane straniere (siriana,
ucraina, rumena, brasiliana, filippina, africana, latino-americana).
Attualmente, i migranti accolti dalle realtà che fanno riferimento alla Caritas diocesana
sono una sessantina: tredici vivono in un’unica struttura, gli altri sono ospitati in
alloggi dislocati in varie località del territorio. Sono accompagnati da operatori
specializzati, che offrono aiuto sul piano burocratico e, soprattutto, nel processo di
integrazione nella comunità locale. Inoltre, sette parrocchie ospitano altrettante
famiglie di varia provenienza, arrivate in Italia grazie ai “corridoi umanitari”: viaggi
sicuri e controllati dai campi profughi al nostro Paese, organizzati da Comunità
Sant’Egidio e Caritas Italiana.
«Le comunità cristiane di origine straniera presenti nel Mantovano sono diverse e
numerose e nel complesso molto ben integrate – afferma Silvia Canuti, direttore
della Caritas diocesana –. Un po’ diverso è il discorso per quanto riguarda gli ospiti
dei Centri di accoglienza straordinaria gestiti dalla Caritas. Le famiglie riescono a
integrarsi meglio nelle comunità rispetto ai singoli, verso i quali c’è un po’ di diffidenza
diffusa. La strada migliore da percorrere per favorire un’immigrazione positiva è
sicuramente quella del potenziamento dei corridoi umanitari e dell’accoglienza di ogni
famiglia da parte di una comunità. Poi come Chiesa dovremmo impegnarci per
diffondere un concetto di carità che non sia mero aiuto economico. In questo abbiamo
molto da imparare dai bambini e dai giovani, che hanno meno pregiudizi e resistenze,
e sono spontaneamente molto più accoglienti».

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