Gb, inizia a Balmoral il dopo BoJo: una ‘nuova Thatcher’ o la rimonta di Sunak

Si saprà oggi all’ora di pranzo il nome del successore del dimissionario Boris Johnson alla guida dei Tories e di conseguenza del governo britannico. Al termine di un’estenuante maratona elettorale, passata attraverso cinque votazioni, la rosa dei candidati conservatori si è ristretta a due: l’attuale ministra degli Esteri e grande favorita secondo tutti i sondaggi, Liz Truss, ed il Cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak.

La corsa alla leadership più lunga a memoria d’uomo si è chiusa venerdì pomeriggio, quando si sono concluse le operazioni di voto dei circa 160mila iscritti al partito. Tutti i media britannici concordano sul fatto che Truss sarà la terza donna a guidare la Gran Bretagna dopo Margaret Thatcher e Theresa May, tutte conservatrici.

Se vincerà, domani 6 settembre, dovrà viaggiare insieme a Johnson fino alla tenuta reale di Balmoral, nell’Aberdeenshire in Scozia, per ricevere l’incarico dalle mani della regina Elisabetta, che lì sta trascorrendo le vacanze estive. E’ la prima volta che il passaggio di consegne si tiene a Balmoral. Finora la sovrana, che ha 96 anni e che dall’autunno soffre di problemi di mobilità, ha nominato 14 premier a Buckingham Palace o nel Castello di Windsor.

Figlia di un professore di matematica che vota Labour, dopo una breve carriera come contabile e un passato nelle file dei Lib Dem, Truss è entrata in Parlamento nel 2010 e da quel momento ha iniziato a scalare le gerarchie del partito. Sostenitrice del ‘remain’ al fatidico referendum sull’uscita dall’Ue del 2016, come fa notare il Guardian, ha compensato gli ‘errori’ di gioventù diventando in breve tempo una ‘Brexiter’ intransigente, facendo leva sulla sua lealtà a Johnson e sul paragone con l’Iron Lady, di cui spesso copia l’iconica camicetta con il fiocco.

A sfidarla è il 42enne Rishi Sunak, figlio di due genitori dell’Africa orientale ma di origine punjabi che si sono trasferiti in Gran Bretagna negli anni ’60. La famiglia facoltosa gli ha permesso di frequentare una delle scuole private più costose del Paese, la Winchester. Formatosi a Oxford prima di guadagnare milioni con gli hedge fund e diventare deputato nel 2015, fin da subito Sunak è stato un sostenitore della Brexit. Come Truss è sposato con due figlie.

Eppure il candidato dato per sconfitto fino a un anno fa aveva il mondo ai suoi piedi, tanto che erano molti a prevedere un suo rapido arrivo al numero 10 di Downing Street man mano che nubi sempre più scure si addensavano sul futuro politico di Johnson. “Prime minister in waiting”, l’aveva addirittura definito il Financial Times. La popolarità di Sunak derivava dall’essere stato il promotore di un imponente programma di aiuti statali da 350 miliardi di sterline per aziende e privati colpiti dal lockdown.

La sua reputazione, tuttavia, è svanita presto, non aiutata dal ‘tax gate’ della moglie miliardaria, dalla crisi del costo della vita fino all’accusa di aver pugnalato Johnson alle spalle. Truss, al contrario, è partita dal fondo del gruppo, ma ha saputo sfruttare la guerra in Ucraina per ergersi a nuova Thatcher grazie a una dura retorica anti-Putin. Miele per la stampa Tory e per gli anziani della classe media che rappresentano la fetta più grande degli iscritti al partito.

Come accade spesso nella politica britannica, il ceto ha giocato un ruolo importante e ciò è diventato palese quando è stato reso pubblico un video di un giovane Sunak che in un documentario televisivo scherzava sul fatto che non avesse amici della classe operaia.

Per Truss, invece, sono già emersi i primi nodi in politica estera. Secondo il Times, se sarà eletta dichiarerà la Cina una ”minaccia nazionale acuta” al pari della Russia. Si è poi resa protagonista di una polemica a distanza con Macron, che ha previsto “problemi seri” fra Francia e Gran Bretagna, dal momento che la ministra non ha risposto a chi le chiedeva se considerasse il presidente francese amico o nemico degli inglesi.

Ma ad oltre sei mesi dall’invasione russa, chiunque vincerà le primarie Tory dovrà prima di tutto risolvere problemi interni, primo tra tutti l’aumento del costo della vita, che in Gran Bretagna – come in molti altri Paesi europei – sta toccando livelli record. Truss ha lanciato la sua campagna con la promessa di vasti tagli alle tasse, escludendo di recente il razionamento energetico. Una linea che non ha lasciato a Sunak altra scelta se non quella di attenersi alla sua posizione ortodossa secondo cui il Paese non può permettersi tagli alle tasse data la pandemia e la guerra in Ucraina. Non gli ha portato benefici neanche ricordare che la sua rivale era una ‘remainer’.

Intanto c’è già chi scommette, vedi Rory Stewart, su un futuro ritorno in politica di Johnson. Per l’ex ministro della Cooperazione del governo di Theresa May, BoJo “spera di fare come Berlusconi”, ovvero confida in un “ritorno populista” dopo essere stato costretto dai suoi stessi parlamentari a lasciare la guida del Paese. Il primo ministro uscente, dal canto suo, cerca di ricomporre le fratture nel partito, esortando i Tories a sostenere il nuovo leader “con tutto il cuore”. In un editoriale sul Sunday Express, Johnson ha affermato che “questo è il momento di mettere da parte i disaccordi delle ultime settimane” e “mettere al primo posto l’interesse nazionale”, dicendosi convinto che chiunque vinca “sosterrà le famiglie in difficoltà” a causa della guerra “energetica” di Putin e aggiungendo che se il presidente russo “pensa di riuscire nel suo ricatto economico, si sta illudendo”.

(adnkronos.it)

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