Vini senza alcol opportunità o illusione per il rilancio del settore vinicolo?

GONZAGA – Possono i vini dealcolati rappresentare una risposta concreta alla crisi del comparto vinicolo italiano? A questa domanda ha cercato di dare risposta il convegno “I vini dealcolati”, promosso da Coldiretti Mantova e ospitato nella sala “Gian Paolo Tosoni” della Fiera Millenaria.

Un tema attuale e controverso, che ha visto confrontarsi esperti del settore, tecnici e produttori locali, in un momento di riflessione sulle sfide del mercato e sulle trasformazioni del consumo. Da un lato, c’è chi vede nei vini a bassa gradazione alcolica una nuova opportunità commerciale, soprattutto per intercettare le esigenze di consumatori giovani e attenti alla salute. Dall’altro, permangono dubbi sull’efficacia reale di questi prodotti nel rilancio del settore, e sulla loro capacità di mantenere qualità e identità.

Il presidente della Nuova Fiera Millenaria Claudio Pasqualini, ha rivolto un breve saluto di benvenuto ai vari relatori e al numeroso pubblico presente in sala.

Il presidente di Coldiretti Mantova, Fabio Mantovani, ha aperto il dibattito sottolineando la necessità di comprendere le tendenze future: “Siamo un territorio vocato al vino e ai prodotti DOP e IGP, con una forte vocazione all’export. Siamo poco inclini a questi nuovi brand, ma dobbiamo capire quanto mercato i vini dealcolati possano conquistare e se ci siano sbocchi commerciali interessanti, oppure se sia il caso di cercare altre strade.”

Tra i relatori:

  • Gabriele Castelli, responsabile giuridico-normativo di Federvini, ha evidenziato i ritardi italiani sul tema e proposto una campagna istituzionale per promuovere i valori del vino, come il bere consapevole e moderato. Il Regolamento comunitario è del 2021 e le normative a livello nazionale si collocano fra la fine del 2024 e la primavera del 2025, puntualizza Gabriele Castelli, direttore generale di Federvini e potrebbe in futuro trasformarsi in un’opportunità di reddito.
  • Iacopo Giannotti, direttore tecnico di Cantine Riunite&Civ, ha aggiunto che chi si affaccia al consumo di vino dealcolato o a bassa gradazione alcolica lo fa per diversi motivi: “Stile di vita, sicurezza, self-control, benessere, gusto”. Elementi che lasciano aperta la porta a una nuova frontiera, che in Italia oggi rappresenta lo 0,1% del mercato e che ha – evidentemente – spazi di crescita
  • Il tecnologo Marco Tebaldi ha spiegato i processi produttivi dei vini dealcolati, come la distillazione sottovuoto e l’osmosi inversa, che permettono di separare l’alcol a basse temperature, preservando gli aromi e reintroducendoli nel prodotto finale. “I vini senza alcol sono un nuovo segmento di mercato assolutamente da seguire che si aggiunge a quelli esistenti, un po quello che è successo al caffè quando si è aggiunto il decaffeinato, quindi la dealcolazione è la tecnologia che consente o di ridurre la gradazione alcolica a 5 o 6 gradi, oppure vini totalmente senza alcol che potrebbero essere bevuti da tutti.”

Chi sul mercato ha lanciato due vini a basso tenore alcolico, nell’ordine dei 9°, è la Cantina di Quistello. E a portare la voce del territorio è stato Luciano Bulgarelli, presidente della Cantina che ha parlato dei vini a bassa gradazione e delle opportunità locali: “Si può stare sul mercato con vini leggeri, ma bisogna chiarire cosa si intende per ‘vino’. Il consumatore rischia di non distinguere più tra ciò che è vino e ciò che non lo è. Anche il vino dealcolato nasce dalla fermentazione, ma subisce un trattamento ulteriore. La zona del Lambrusco Mantovano è già vocata a produzioni a bassa gradazione: non possiamo inventare chissà cosa.”

Aperto a conoscere meglio il fenomeno è Giampietro Ferri, patron dell’Osteria da Pietro di Castiglione delle Stiviere, che dal prossimo autunno avrà in carta dei tè da abbinare ai piatti. “Dobbiamo sostenere la cultura del vino e farlo conoscere – afferma -. Disponibili a un progetto con Coldiretti e gli agriturismi per comunicare insieme”.

Il convegno è stato moderato dal giornalista Matteo Bernardelli, che ha guidato il confronto tra visioni diverse, ma accomunate dalla volontà di tutelare il valore del vino italiano, tra tradizione e innovazione