E effettivamente Albertini, che si è laureato con 110 e lode in Materie Letterarie nell’anno accademico 1985/1986, con la sua attività ha portato molto in alto il nome dell’università di Parma così come del resto ha fatto con Bozzolo, il paese dove è nato e a cui è sempre rimasto molto legato.
Albertini dal 1998 è direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò, istituzione della New York University di cui è anche docente, che si occupa della promozione della cultura italiana oltreatlantico. La sede è a Manhattan, in una stupenda palazzina del West Village che è diventata il vanto di tutti gli amanti dell’Italia che vivono in America, perchè qui da trent’anni, grazie alle innumerevoli iniziative messe in campo, si riesce davvero a produrre un dibattito, un dialogo culturale tra Italia e Stati Uniti.
Ma Stefano Albertini, prima di approdare a New York a dirigere una istituzione così importante di cui prima è stato anche vice direttore, ha conseguito un Master all’Università della Virginia e un Ph.D. a Stanford.
Ci racconta che negli Usa, in quell’Università della Virginia che gli è rimasta nel cuore, è arrivato nel 1990 con una borsa di studio. In cambio doveva insegnare italiano un’ora al giorno. “Per fortuna, così come è prassi negli States per le lezioni di lingue straniere, mi hanno chiesto di tenerla in italiano perchè quando sono arrivato l’inglese non sapevo parlarlo anche se ne conoscevo bene la grammatica. Così invece, dopo sei mesi, i miei studenti sono riusciti a parlare italiano e io ho fatto lo stesso con l’inglese”.
Nel 1994 l’approdo a New York, una città stupenda ma molto diversa dal resto degli Usa. E Albertini ce lo conferma quando gli chiediamo com’è la società odierna a stelle e strisce e come è cambiata rispetto a quando lui è arrivato. “E’ una società senz’altro più consapevole, anche per quanto riguarda le divisioni al suo interno, le differenze, i pregiudizi razziali. Temi questi che nei quattro anni di Trump hanno avuto una recrudescenza e con questo non voglio addossare tutte le colpe a Trump perchè certamente lui è il frutto di un’America che aveva comunque maturato dentro di sé questi sentimenti di divisione. Speriamo che Biden riesca innanzitutto a rammendare una società che oggi è davvero molto frantumata” dichiara Albertini che sta vivendo però questo periodo del post elezioni in Italia, a Firenze dove la NYU ha un’altra gloriosa istituzione come Villa La Pietra e dove lui dal 2000, è Direttore anche del Faculty of Arts and Science Summer Program.
Ma cosa rappresenta per Albertini, oggi ambasciatore della cultura italiana negli Usa, un premio come quello che domani gli verrà conferito dall’Università di Parma?
“Innanzitutto è un riconoscimento alle discipline umanistiche e ai loro studenti che diciamolo in ambito accademico si sono sempre sentiti un gradino più giù rispetto a quelli della facoltà scientifiche. Io devo dire che ho avuto la fortuna di avere dei docenti stupendi che, oltre al metodo di studio, sono stati in grado di trasmettermi la passione per quello che studiavo”.
Per chi ha avuto la fortuna di vivere sia l’università italiana che quella americana la domanda d’obbligo è quanto siano diverse le due realtà e Albertini risponde che “oggi sono meno diverse di quanto si possa pensare. Le accomunano ad esempio il sistema dei crediti e la frequenza in presenza. Certo l’università italiana è molto cambiata da quando ero studente, basti pensare che a Parma c’era un’unica studentessa straniera e io avevo conosciuto un solo ragazzo che era stato a studiare in un’università all’estero. L’Erasmus e gli altri programmi di studio internazionali hanno cambiato il volto dei nostri atenei facendoli peraltro riscoprire quella vocazione che avevano durante il medioevo quando nelle università italiane arrivavano a studiare studenti da tutta Europa”.
Stefano Albertini si è laureato con una tesi in Storia delle dottrine politiche intitolata Don Primo Mazzolari e il Fascismo (1921-1943). Oggi don Primo, figura di riferimento del dibattito culturale in Europa, è stato rivalutato molto dalla Chiesa dopo essere stato a lungo considerato un prete scomodo. Si parla molto dell’attualità della figura dell’arciprete di Bozzolo. Chiediamo quindi a Albertini quale pensa siano i messaggi di Mazzolari più attuali per i nostri giorni. “Innanzitutto credo che con Papa Francesco ci sia stato il più grande riconoscimento a don Primo visto che lo ha portato ad esempio di tutti i preti d’Italia. Non dimentichiamo poi che il Papa è voluto proprio venire a Bozzolo, a pregare sulla sua tomba. I messaggi più attuali credo siano quelli della pace e della misericordia di Dio ben sintetizzata nella sua celebre predica “nostro fratello Giuda”. E del resto l’Enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” con la sua riflessione sulla fraternità universale ci fa capire quanto il messaggio di don Primo oggi sia più che mai attuale”.