Mantova, Afta Epizootica: ritorna la paura negli allevamenti

MANTOVA «Da oltre 20 anni non si sentiva parlare di afta epizootica, una malattia che avevamo praticamente dimenticato. Tuttavia, la recente ricomparsa di casi nell’Europa dell’Est ci impone di mantenere un livello di attenzione estremamente elevato».

Con queste parole, Manuel Lugli, vicepresidente di Confagricoltura Mantova, ha espresso la preoccupazione che sta vivendo il settore degli allevamenti bovini nella provincia di Mantova. Da metà gennaio, infatti, l’afta epizootica, una malattia virale altamente contagiosa che colpisce i bovini da latte e da carne, è riemersa in Europa.

Durante il convegno “Allarme afta epizootica: situazione sanitaria e misure preventive”, tenutosi presso la sede di Confagricoltura Mantova, i veterinari dell’ATS Val Padana hanno delineato la situazione attuale e illustrato le misure preventive che è necessario adottare per proteggere gli allevamenti dal virus. «Esistono disposizioni ministeriali che regolamentano l’arrivo di animali dai paesi a rischio, garantendo così che non vengano introdotti capi infetti nel nostro territorio», ha spiegato Vincenzo Traldi, direttore del dipartimento veterinario dell’ATS. «Tuttavia, è fondamentale che ogni singolo allevatore rafforzi al massimo le misure di biosicurezza all’interno della propria azienda, prestando particolare attenzione al controllo dei veicoli e delle persone che accedono all’allevamento, potenziali vettori della malattia. L’implementazione di sistemi di disinfezione per automezzi e personale rappresenta uno strumento di prevenzione estremamente efficace, non solo per l’afta epizootica, ma anche per altre patologie».

Traldi ha tenuto a precisare che «al momento, l’afta epizootica non è presente in Italia. Il pericolo è concreto, ma la situazione è sotto controllo». Niccolò Jacumin, veterinario dell’ATS Val Padana, ha fornito ulteriori dettagli sulla diffusione del virus: il primo caso è stato registrato il 10 gennaio in Germania, nella regione del Brandeburgo, in un piccolo allevamento di bufale. Successivamente, il virus si è diffuso, colpendo un totale di undici allevamenti: sei in Slovacchia, quattro in Ungheria e uno in Germania.

«Il nostro ruolo come Organizzazione», ha aggiunto Lugli, «è innanzitutto informare i nostri associati e fornire loro un quadro chiaro della situazione. Nel caso in cui la malattia dovesse diffondersi anche nel nostro territorio, è essenziale essere pronti ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire il contagio. Negli ultimi anni abbiamo investito notevoli risorse nel miglioramento del benessere animale; ora è fondamentale comprendere che la biosicurezza rappresenta una priorità altrettanto importante».