Mariconda racconta in tv come decapitò la mafia agrigentina. Oggi è primo dirigente in Questura a Mantova

MANTOVA – Marco Mariconda, oggi dirigente della Divisione Polizia Amministrativa e dell’Immigrazione della Questura di Mantova, è l’uomo che ventotto anni fa riuscì a catturare i killer del giudice Rosario Livatino.
E’ stato tra i protagonisti della trasmissione “Cose nostre” andata in onda su Rai 1 nei giorni scorsi, con la quale è stata raccontata la vita e l’omicidio del giudice Rosario Livatino, canonizzato beato nel maggio scorso, trucidato dalla “Stidda” agrigentina il 21 settembre 1990.
Mariconda nel 1992 viene chiamato dalla Criminalpol a dirigere la Squadra Mobile proprio di Agrigento.
E in quel ruolo, incurante delle minacce sempre più pesanti ricevute dalla mafia, riuscì a catturare Giuseppe Croce Benvenuto e a convincerlo a parlare, consentendo così di far luce non solo sull’omicidio di Livatino ma su decine di altri efferati delitti.
Mariconda decapitò di fatto la mafia nella provincia di Agrigento – gli Stiddari appunto – scoprì stretti legami con la politica ed ebbe nuove pesanti minacce, gli fecero persino trovare una testa di maiale mozzata.
Dopo questo episodio venne deciso di trasferirlo lontano dalla Sicilia, alla Criminalpol di Bologna dove nel giro di poco riuscì ad individuare i componenti della famigerata Uno Bianca.
Nella sua carriera, durante la quale ha guidato importanti commissariati e divisioni anticrimine in varie parti d’Italia, Mariconda tra le tante operazioni ha gestito il rapimento e la liberazione dell’imprenditore Soffiantini e ha portato a termine con successo anche operazioni all’estero per la cattura di pericolosi latitanti, tra cui narcotrafficanti, in Messico, Colombia, Florida, Canada, Belgio e Germania.

Nel video, grazie alla ricostruzione dello stesso Mariconda, vengono si ripercorrono proprio quei mesi che portarono all’arresto di Benvenuto e viene dato uno spaccato di cosa significarono quei primi anni ’90 in cui la mafia alzò il tiro come mai prima.