MANTOVA – E’ a capo di un team internazionale che ha sviluppato il primo modello basato sugli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale per tracciare con precisione l’identikit dei ghiacciai in tutto il mondo. Niccolò Maffezzoli, classe 1987, mantovano doc, oggi vive a Irvine, in California, e da lì porta avanti ricerche fondamentali per capire quale futuro ci aspetta, anche dal punto di vista dell’impatto socio-economico, con il riscaldamento globale, la disponibilità di acqua dolce e l’innalzamento dei mari dovuto, appunto, allo scioglimento dei ghiacciai. Temi quantomai attuali in una città “in pericolo” come Venezia, che tramite l’Università di Ca’ Foscari ha attivato la collaborazione con Irvine, permettendo al 38enne mantovano di proseguire le sue indagini negli States, da dove risponde alle nostre domande.
Qual è stato il tuo percorso di studi e come sei arrivato al team internazionale in cui attualmente lavori?
“Ho studiato al Liceo Belfiore di Mantova e poi mi sono laureato in Fisica magistrale (con un indirizzo verso la fisica delle particelle/nucleare) nel 2014 presso l’Università di Milano-Bicocca. In seguito ho conseguito il dottorato di ricerca al Niels Bohr Institute (University of Copenhagen) nel 2017, con una tesi sui traccianti chimici all’interno di carote di ghiaccio per ricostruzioni passate di ghiaccio marino nell’Artico e Antartide. Nel 2018 sono rientrato in Italia, a Venezia, presso il CNR prima (Istituto di Scienze Polari CNR-ISP) e Università Ca’ Foscari Venezia dopo. Sono ora a Irvine (a sud di Los Angeles), presso la University of California Irvine (UCI), con un progetto Europeo in collaborazione con l’Università di Venezia”.
Il modello basato su algoritmi di AI per tracciare l’identikit di ghiacciai in che modo rappresenta un passo avanti rispetto alle tecniche finora utilizzate?
“Ci sono vari modelli per stimare il volume dei ghiacciai, molti sono basati su leggi fisiche più o meno approssimate. Altri non sono basati su leggi fisiche, ma sfruttano relazioni matematiche, e/o geometriche a partire da dati sulla forma del terreno. Il nostro modello di AI invece impara a partire dalle misure di profondità effettuate sui ghiacciai in giro per il mondo. Ogni misura apporta un po’ di informazione, e il modello a poco a poco impara a predire la profondità in modo sempre più preciso, all’aumentare della quantità dei dati disponibili. In generale ogni modello ha i suoi punti di forza e di debolezza. Noi abbiamo dimostrato che il nostro approccio, uno dei primi di questa tipologia, è uguale-se-non-superiore in termini di accuratezza, rispetto a quelli esistenti, ovvero ai modelli fisici. I modelli del futuro saranno ibridi, basati sia AI che sulle leggi fisiche note. Il livello di complessità aumenta, ma la strada è questa, perché bisogna sfruttare i benefici di entrambi gli approcci. Del resto il ghiaccio si comporta in modo simile ai fluidi, che sono governati dalle equazioni di Navier–Stokes. Questa informazione va sfruttata”.
Qual è lo stato dei ghiacciai del mondo?
“Sia i ghiacciai che le calotte polari stanno perdendo massa a causa della forzante antropica. Questo lo sappiamo già da decenni. L’incertezza sta nella tempistica – in quanto tempo avverrà la diminuzione futura, in funzione anche del cammino che intraprenderemo. I ghiacciai, a esclusione dei grandi ghiacciai dell’Himalaya e del Karakoram che sembrano essere più resilienti, stanno perdendo massa molto velocemente. Le stime sono queste: al 2100 saranno scomparsi tra il 49% e l’83% dei ghiacciai che esistono oggi. Le Alpi non fanno eccezione, e purtroppo se ne stanno già vedendo da anni gli effetti socio-economici sulle comunità alpine. Per diminuire la temperatura dell’atmosfera (e degli oceani che assorbono il calore in eccesso), bisogna tagliare le emissioni dei gas climalteranti. Questo lo sappiamo dal 1896 – il potenziale climalterante dell’anidride carbonica l’ha evidenziato per la prima volta lo scienziato svedese Arrhenius”.
In che modo ognuno di noi può fare qualcosa per il pianeta?
“Ognuno di noi può ridurre le proprie emissioni in vari modi. Uno dei più efficaci è ridurre il quantitativo di carne. L’allevamento pesa per il 12-17% delle emissioni globali. Ridurre l’uso della macchina per quanto possibile, dell’aereo. Preferire trasporto elettrificato a impatto ridotto. Preferire l’acquisto di prodotti locali – la supply chain globale basata su trasporto marittimo è estremamente inquinante e difficilissima da decarbonizzare. Ma in generale il metodo più efficace è votare per una rappresentanza politica che abbia in agenda questo genere di tematiche, ormai quasi scomparse nei programmi elettorali dopo qualche anno di ritrovata attenzione. Da questo punto di vista i giovani sono più sensibili”.
Com’è la tua giornata tipo? E ogni quanto torni a Mantova?
“Mi sveglio la mattina alle 6 perché gli americani vanno in giro come i pazzi con Suv enormi fin dalla mattina presto, e io ho il sonno leggero e mi sveglio. Faccio colazione e vado al lavoro in bicicletta passando per un parco bellissimo che è un mezzo deserto, a volte vedo i coyote – ci metto una mezz’oretta, sono circa 12 km. La giornata finisce verso le 17. Spesso d’estate vado a fare surf dopo lavoro perché c’è luce, la spiaggia è a 10 minuti. A Mantova ci torno forse una volta all’anno. Mi piacerebbe tornarci più spesso, di notte sogno i tortelli”. (fab)