Storia del capitano John che prima fu Hans e Giovanni. Nell’aprile ’45 era a Mantova: il figlio oggi in città sulle sue tracce

MANTOVA – La storia di John Lewis Kay è emblematica perché è fatta di tre culture: quella tedesca della nascita a Stoccarda in una famiglia ebrea. Il suo nome è Hans Ludwig Kaumheimer, poi c’è quella italiana dell’adolescenza a Merano dove i suoi si rifugiano dopo la presa del potere di Hitler nel 1933 e Hans diviene Giovanni, e quella americana dove nel 1939 la sua famiglia decide di scappare dopo la promulgazione delle famigerate leggi razziali e il nome si trasforma ancora una volta e diventa John.
Classe 1919, negli States John si trasferisce con i genitori e i fratelli a San Francisco e qui finisce gli studi. Poi fa ritorno in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale in veste di capitano dell’esercito statunitense al seguito degli alleati durante la liberazione dell’Italia. Parla perfettamente tedesco, italiano e inglese e infatti il suo servizio serve soprattutto da collegamento tra i civili e l’esercito americano.

Robert F Kay, figlio di John, in questi giorni è in Italia per vedere e visitare direttamente tutti quei luoghi dove suo padre è “passato” durante la guerra. Non solo per curiosità, ma soprattutto per scrivere un libro sulla vita di John Kay. Il volume parte da appunti, note e riflessioni contenute in un vecchio diario e sulla base di vari documenti storici e sul “percorso” fatto dal padre in Italia. Sabato Robert, accompagnato da Giacomo Cecchin che sta curando il suo viaggio nel Mantovano, è stato a San Benedetto Po prima e poi al Museo della Seconda Guerra mondiale del Fiume Po di Felonica. Il capitano Kay, infatti, passò nel territorio mantovano nell’aprile del 1945 e arrivò nel capoluogo virgiliano proprio nei giorno della Liberazione della città il 25 aprile. Qui registrò la situazione a Mantova (così come nel resto del suo viaggio) su un modulo prestampato consegnatogli dall’esercito.
E così questa mattina Robert ha visitato Mantova dove ha fatto tappa anche all’archivio comunale del Centro Baratta, in corso Garibaldi. Ad accoglierlo erano presenti, tra gli altri, l’assessore del Comune di Mantova al Sistema Bibliotecario Alessandra Riccadonna, il responsabile dell’archivio comunale Andrea Barbieri, Renato Zavattini docente di Storia e Filosofia al Liceo Belfiore e collaboratore dell’Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, lo storico e scrittore Carlo Benfatti, l’archivista Paola Fila e Giacomo Cecchin.

“John Kay proprio per la sua sintesi di varie culture – spiega Cecchin – fu arruolato con questo ruolo e spedito sul fronte italiano. Nel 1945, da Salerno risale tutta la penisola e il 25 aprile arriva a Mantova dove registra la situazione con riferimento agli edifici e ai ponti, ai rifornimenti alimentari e all’energia e a tante altre cose. Ad esempio, registra con molta attenzione la presenza dei partigiani che in città sono oltre 300, appartenenti alle brigate socialiste, comuniste e liberali. Parla del vescovo Menna definendolo fascista e odiato dalla popolazione, scrive “he should be eliminated” (dovrebbe essere eliminato) e registra anche le cinque case chiuse presenti con venti ragazze”. Il modulo in questione è un prestampato ed è stato compilato con la macchina da scrivere da John Kay.

Un viaggio nel tempo davvero emozionante, dunque, che ora il figlio Robert Kay vuole far rivivere in un prezioso volume.

“La relazione del capitano Kay è veramente interessante – ha detto l’assessore Riccadonna – e ci ha permesso di entrare ed approfondire quei giorni della Seconda Guerra Mondiale, un vero e proprio salto anche nella storia della nostra città. Nel nostro archivio comunale abbiamo alcuni documenti riguardanti il periodo del passaggio del capitano Kay anche se non abbiamo riferimenti specifici riguardanti la sua figura. Sono archiviati quotidiani, fotografie, testimonianze di quei giorni che sicuramente associavano al profumo della libertà anche momenti di apprensione e tensione”.
Robert F Kay ha ringraziato tutte le persone che lo hanno accolto a Mantova ed aiutato a ripercorrere e a conoscere da vicino il “lungo viaggio” del padre.