“I 1.600 profughi afghani arrivati in Italia sono una goccia nel mare, niente rispetto a Lipa in Bosnia, dove abbiamo i nostri campi in cui prestiamo assistenza ai profughi e lì sono ammassati da anni migliaia di profughi afghani”. Lo dice, ad Adnkronos/Labitalia, Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli. “In generale -spiega- in Bosnia sono registrati 5.000 e passa rifugiati, e gli afghani sono circa il 30-35%. Al momento solo a Lipa ci sono circa 600/700 persone di cui la metà pakistani, il resto quasi tutto afghani”. Ma la situazione è in evoluzione e c’è da considerare, dice Manfredonia, che “in Serbia ci sono gli stessi numeri e che vi è un numero imprecisato di persone che non sono nei campi ufficiali, ma stanno in giro in case abbandonate o rifugi improvvisati”. Le persone che vivono nei campi a Lipa e in Serbia “sono scappate dall’Afghanistan prima dei fatti di questi giorni, alcuni già diversi anni fa, e non possono avere il permesso di soggiorno perché l’Afghanistan è stato sempre considerato un Paese sicuro. Un tragico paradosso”, dice Manfredonia.
Ministero Esteri dia possibilità riconoscimento permesso per motivi umanitari
“Noi stiamo puntando a chiedere al ministero degli Esteri la possibilità, anche per i profughi di Lipa, del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari”, spiega Manfredonia che aggiunge: “Delle persone riuscite a fuggire in questi giorni e dei profughi ammassati a Lipa si deve fare carico l’Europa e non solo l’Italia, guardando come esempio alla generosità di Paesi come il Canada o di certi Paesi africani, evitando il più possibile di ‘parcheggiare’ le persone'”. Le Acli, spiega Manfredonia, hanno una “Ong Ipsia, Istituto Pace sviluppo innovazione, che si sta occupando di questo: domani ci sarà un tavolo col ministro Di Maio in cui metteremo a disposizione per l’accoglienza le nostre possibilità sia a Trento sia a Roma anche attraverso alcune famiglie”. (di Mariangela Pani)